La Roma è mancata per venti minuti, dal 46’ al 65’, e in quei venti minuti l’Inter ha mostrato all’Olimpico il suo lato Tyson: sfruttando con decisione gli esterni e approfittando dell’inconsistenza difensiva e degli spiazzamenti di Karsdorp e Angeliño, ha rimesso la testa davanti e giocato di controllo, risultato peraltro non semplice. Il gol di Bastoni al 95’ lo considero una punizione inutile, eccessiva. De Rossi se l’è giocata con coraggio. Tutta la prima parte è stata perfetta, si è percepito ripetutamente l’entusiasmo di un gruppo al quale le tre vittorie consecutive hanno dato fiducia: ottime le fasi di pressing alto, efficaci le ripartenze, di livello soprattutto la prestazione dell’anima italiana - Mancini, Cristante, Pellegrini, El Shaarawy - e particolarmente centrata anche la prova di Paredes. Quando però si poteva ipotizzare un secondo tempo sulle stesse frequenze, è calato improvvisamente il buio e l’Inter ha riaffermato la propria superiorità tecnica, atletica e di personalità. Ripresasi dopo i due schiaffi, la Roma ha cercato il pareggio: e anche grazie all’uscita di Pellegrini, El Shaarawy e Angeliño, sfiancati, si è ripresentata dalle parti di Sommer con una certa insistenza. Lukaku e Dybala sono stati tra i peggiori, in rapporto alle qualità che possiedono (Romelu ha perso il confronto diretto con Thuram): per una squadra come la Roma l’evanescenza dei due fuoriclasse è un danno non da poco. Va detto che raramente quest’anno avevo visto l’Inter subire le iniziative dell’avversario: Sommer ha avuto tanto lavoro da sbrigare ed è davvero insolito per lui subire due gol, se si pensa che nelle prime ventidue partite ne ha incassati dieci, meno di uno a gara. Adesso per De Rossi viene la parte più difficile: la gestione di un gruppo che ha dimostrato di pagare non solo fisicamente i troppi impegni ravvicinati. Dovrà lavorare anche su quei venti minuti di vuoto.