L'epilogo di un’agonia. Il 2 ottobre, a Pressing, Italia 1, anticipai che Mourinho non avrebbe finito la stagione e spiegai il (i) perché. E qualche giorno dopo, alla vigilia di Cagliari-Roma, scrissi che, se avesse perso, Dan Friedkin l’avrebbe licenziato: scioccai tanti tifosi e fui simpaticamente smentito dai soliti cicisbei. La Roma vinse 4-1 e in seguito ottenne altri risultati positivi, ma le cose non cambiarono di una virgola: i rapporti tra Dan e Mourinho continuarono a essere più che freddi, pressoché inesistenti, qualche messaggio, buon Natale, buon anno, come stanno i tuoi. See you.
Quando, gestendo l’insofferenza e l’amarezza, José dichiarò che sarebbe rimasto volentieri alla Roma, senza peraltro porre condizioni, mi sorpresi non poco. Sulle prime pensai a una provocazione, pur sapendo che considerava «la relazione» con la squadra e la tifoseria unica e impagabile. Ma poi, e per altre due volte, confermò pubblicamente di augurarsi il rinnovo. Reazioni dall’America, zeru virgola zeru.
Sapeva perfettamente, José, che gennaio - con un derby da giocare - sarebbe stato il periodo più duro: la squadra aveva enormi problemi strutturali, inoltre avrebbe perso N’Dicka, uno dei tre difensori titolari, una condanna, dal mercato non avrebbe ottenuto rinforzi e i risultati negativi l’avrebbero posto in una condizione di debolezza e di qualche impopolarità.
Lunedì sera, nonostante le sollecitazioni dei cronisti sulla Roma Maida, Zucchelli e Aliprandi, non ho voluto guardare con la giusta attenzione a quella che poche ore più tardi sarebbe diventata la tristissima realtà. Speravo che a José Mourinho Potter riuscisse, durante un confronto diretto, il miracolo assoluto: spiegare a Dan i problemi della squadra e indicargli il percorso per la zona Champions. Mi illudevo. Sospetto che tra i due sia successo qualcosa di irreparabile.
Quello che provo in queste ore ho deciso di tenerlo dentro per rispetto nei confronti del giornale che dirigo, della Roma e di De Rossi. Di certo ho apprezzato tantissimo il lavoro svolto dal team del Corsport che ha seguito fino in fondo con passione, fedeltà e personalità la linea che ho dettato.
Auguro a Daniele tutto il bene possibile: non avrebbe potuto resistere al richiamo della sua Roma. E ringrazio Mourinho per la stima, la lealtà e l’amicizia che mi ha riservato in questi due anni e mezzo. Lo considero l’incontro più bello della carriera. E per il bene che voglio ai giovani colleghi auguro loro di poter avere un giorno un rapporto simile con un personaggio della stessa statura professionale e morale.
Mou è una persona straordinaria e in primo luogo un grandissimo allenatore, ha raggiunto due storiche finali europee, fatto uscire la Roma dal Grande Raccordo Anulare e reso un servizio eccezionale alla tifoseria, che grazie a lui ha ritrovato l’orgoglio dell’appartenenza e il piacere della presenza allo stadio.
Essendo tuttavia un inguaribile sognatore, continuo a sperare che dietro questo abominio calcistico commesso dagli americani ci sia una strategia vincente, un’idea alta, un progetto, anche se in questo momento non riesco a immaginare quali.
Proprio lunedì sera ho inviato a Mourinho un messaggio: «Ci sono momenti in cui ho timore di danneggiarti con la mia insistente campagna pro giustizia per Mou. Ci sono colleghi che soffrono certi rapporti esclusivi e in fondo li capisco. Se ti accorgerai di questo, dimmelo e farò un passo indietro».
Mi ha risposto: «Sei intelligente, sai quello che devi fare per te stesso, amico mio».
L’avrei fatto solo per te, Special One.