Ha impiegato un mese e mezzo, tre sconfitte e due brutte figure (Milan e Genoa) per ritrovare lo spirito Special e uscire dall’isolamento nel quale si era chiuso per evitare di trasmettere al mondo la propria frustrazione. Lo pensavate ammoutolito? Volevate sentirlo? Eccolo. Mou is back: ha lasciato scrivere e parlare, poi si è finalmente alzato dalla panchina. "Io non sono il problema, non lo accetto", ha detto con forza. Perché soltanto tre mesi fa era l’allenatore che avrebbe messo in crisi un intero sistema - se fosse partito - e tre mesi dopo non poteva, non può essere il principale responsabile dello smarrimento generale, il totem da abbattere.
A Budapest - ha ricordato - nel momento della grande amarezza per la coppa rubata, aveva dato la parola alla squadra ("Resto con voi"). In seguito si era ripetuto con la tifoseria e in estate, a Setubal, aveva fornito a Dan Friedkin le garanzie sulla sua permanenza che il presidente inseguiva, rinunciando - per inciso - a 96 milioni arabi. Dan è l’uomo che ha fortemente voluto Mourinho e che da Mourinho ha ricevuto due finali e un trofeo europei in due anni e un formidabile (per la Roma) ritorno d’immagine internazionale. Dan è anche l’uomo che deve capire - e ha capito - il momento e l’origine dei problemi. Questa Roma è stata costruita senza soldi, con troppi blocchi Uefa e molti rischi, alcuni evitabili. Non sono mai stato troppo tenero con Tiago Pinto, ma gli devo concedere l’attenuante di non aver potuto disporre delle risorse necessarie per allestire una squadra competitiva. Pinto, come Mourinho, è in scadenza: non è semplice, in una situazione come la loro, lavorare al futuro: bisogna arrangiarsi con e per il presente, anche se la costruzione del presente comporta numerosi ostacoli e complicazioni.
Ho sentito e letto che Mourinho sarebbe bollito. Tre mesi fa, a Budapest, non lo era per nessuno. Cosa si sarà mangiato in questi tre mesi? Delle francesinhas crude? La Roma ha i limiti di motore e velocità che conosciamo e, se non fosse arrivato Lukaku, sarebbe stata da sesto, settimo posto. Ma la Roma di Mancini, Cristante, Spinazzola e Pellegrini fino a poco tempo fa faceva la guerra, mentre oggi sembra sfibrata. La colpa è anche di Mourinho che per settimane ha provato una profonda insoddisfazione e sfiducia, trasmettendole involontariamente a un gruppo fin troppo sensibile ai suoi umori. Ieri ho ritrovato il Mourinho prima versione e sono convinto di poter rivedere anche la sua Roma. Che perderà altre partite, ma in campo - è un impegno - darà tutto quello che ha. Poco o molto che sia. Se poi non si vuol tenere in conto il poco di Dybala, Pellegrini e Lukaku a Marassi - c’erano anche loro, no? - l’avvelenata dedicata a Mou sembra più un agguato che una critica.