Se ne è andato er sor Magara. Carlo Mazzone, allenatore di Totti, Baggio e Guardiola, il tecnico che ancora vanta il record di panchine in serie A, 792, è scomparso ieri a 86 anni nella sua casa di Ascoli. Domani i funerali nella chiesa di San Francesco (ore 16.30), non sarà allestita una camera ardente aperta al pubblico. Una vita per il calcio, una passione infinita, una costante voglia di migliorarsi, per sconfiggere quei luoghi comuni costruiti nei primi anni in provincia da allenatore, quando per salvarsi metteva i pullman davanti alla porta. Ma nelle tre stagioni alla Roma provò a fare un calcio propositivo, pur scontrandosi con le super corazzate dell’epoca. Il più grande complimento, del quale era fieramente orgoglioso, glielo fece un illustre opinionista di quegli anni: “La Roma di Mazzone gioca come un flipper, la palla è sempre in movimento”.
Mazzone e Roma nel dna
Il calcio entrò nella sua vita quasi subito. Abitava a Trastevere, il padre faceva il meccanico per arrivare alla fine del mese. La madre convinse il marito a fare qualche sacrificio per consentire a Carletto di intraprendere la carriera di calciatore. Una carriera modesta, cominciata alla Roma da ruvido difensore, mentre già studiava da allenatore. La prima panchina gliela affidò Costantino Rozzi nel ‘68-69 ad Ascoli, la città del cuore, dove conobbe la donna della sua vita: un mese fa aveva festeggiato i 60 anni di matrimonio con la signora Maria Pia che, quando il marito era ancora ai massimi livelli come allenatore e aveva designato Claudio Ranieri come suo erede, gli ripeteva: «Vedi Carlo, dovresti prendere esempio da Claudio. Guarda come si presenta bene, sempre in giacca e cravatta...». Lo raccontava divertito er Magara, che invece in panchina preferiva andare in tuta, rimboccandosi le maniche. Ed entrava in campo qualche secondo dopo l’inizio della partita, facendo i tre scalini di corsa dagli spogliatoi al campo, come gesto propiziatorio. Durante i novanta minuti si trasformava, spesso non riusciva a contenersi. Una volta a Birigozzi, riserva della squadra avversaria, durante uno scambio polemico tra panchine disse: «Tu stai zitto che non stai nemmeno nelle figurine».
Mazzone, il sogno chiamato Roma
Era il suo sogno, da quando se ne andò giovanissimo da calciatore: allenare la Roma. Era il 1993, la prima Roma di Franco Sensi (per qualche mese in regime di duopolio con Pietro Mezzaroma), che impiegò qualche anno per costruire la squadra da scudetto. Mazzone era reduce dall’impresa di Cagliari, che riportò in Coppa Uefa dopo 21 anni. Era pronto per misurarsi nella parte alta della classifica, anche se già nel 1976-77 aveva portato la Fiorentina al terzo posto (vincendo anche la Coppa di Lega Italo-Inglese). Diede alla squadra un’impronta spiccatamente romana e arrivò ad avere tredici giocatori nati nella Capitale. A uno dei romani, Statuto, una volta disse: «A France’, hai imparato a essere così rapido quando andavi a ruba’ tra i banchi di frutta al mercato?». Non andò oltre un settimo e due quinti posti, sfiorò una semifinale di Coppa Uefa e vinse un derby storico con la sfrenata corsa sotto la Curva Sud per festeggiare quel trionfo.
Roma, Mazzone e Totti insieme
Nella Roma lanciò Francesco Totti, che prima di lui aveva esordito giocando una manciata di minuti con Vujadin Boskov. Mazzone impose il Capitano titolare il 4 settembre 1994, quando Totti realizzò il primo gol in serie A giocando al posto di Balbo. Qualche mese prima aveva impiegato Francesco in Coppa Italia contro la Samp. Alla vigilia, quando si accorse che il giovane talento si era presentato in sala stampa, lo andò a richiamare personalmente: «A ragazzì, vatte a fa’ la doccia, con i giornalisti ci parlo io». Quando Sensi nel 1996 decise di cambiare allenatore per affidare la panchina a Carlos Bianchi, salutò i giocatori negli spogliatoi prima dell’ultima partita: «A regà’, non avemo vinto gniente, ma ammazza le risate che se semo fatti!».
Mazzone, dopo la sua Roma
Dopo la Roma si tolse altre soddisfazioni, come quella di allenare il Brescia di Baggio e Guardiola. E al Brescia fece un’altra memorabile corsa in occasione di un derby contro l’Atalanta. Il Brescia era sotto di due gol, mentre la curva del Rigamonti, piena di tifosi bergamaschi, insultava la madre di Mazzone. Nel finale salì in cattedra Baggio, rimontando da 1-3 a 3-3. Già dopo il secondo gol Mazzone urlò verso gli atalantini: «Se fa il terzo vengo sotto la curva». Fu di parola e non riuscirono a fermarlo. Addio Carletto, un grande protagonista di un calcio che non c’è più.