ROMA - Marzia Taccola ancora porta la fede nuziale al dito. Sono passati 54 anni da quando un destino assurdo gli ha strappato il marito Giuliano, centravanti della Roma morto a Cagliari dopo una partita che neppure aveva giocato. Ma non si è mai rassegnata agli incastri del fato, da oltre mezzo secolo chiede giustizia. «Mi prendo la responsabilità di quello che dico - mi ha raccontato nella sua casa di Calci, in provincia di Pisa - Giuliano è stato ucciso. Non doveva morire così. Ora non datemi soldi ma ditemi la verità su quello che è successo a mio marito».
Taccola, la tragedia a Cagliari
Giuliano Taccola oggi avrebbe compiuto 80 anni. Nella realtà ci ha lasciati in una domenica ventosa il 16 marzo del 1969, quando ne aveva appena 25. Da mesi soffriva di problemi di salute, con febbre intermittente che gli provocava svenimenti periodici, anche dopo l’asportazione delle tonsille che sembrava aver sradicato il problema. Quella mattina Taccola aveva fatto una breve sgambata sul lungomare del Poetto, per poi sedersi in tribuna allo stadio Amsicora. Assistette alla partita contro il Cagliari, finita 0-0, accanto all’amico di sempre Ciccio Cordova, che era squalificato. I due erano partiti con la squadra su input di Helenio Herrera, che era l’allenatore e voleva con sé il gruppo al completo in vista della partita di Coppa Italia contro il Brescia che si sarebbe giocata il mercoledì successivo. Al rientro negli spogliatoi, Taccola perse conoscenza e morì nonostante i disperati tentativi di rianimazione dei medici. Nessuno ha mai spiegato perché, tra diagnosi controverse e cartelle cliniche incomplete.
Il mistero della morte
Era un centravanti fortissimo, Taccola. Veloce, tecnico, sfrontato. Faceva sognare i tifosi della Roma, che all’epoca non era una grande squadra. Lo piansero in tanti, nello shock, mentre la magistratura non ha trovato un colpevole o almeno un responsabile della tragedia. Tutto archiviato. Nonostante le continue denunce di Marzia, che reclama la verità insieme alla figlia Giuliana e non ha mai spesso di sperare.