Caso Zaniolo, i colpevoli dell'inciviltà calcistica

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Caso Zaniolo, i colpevoli dell'inciviltà calcistica© BARTOLETTI
Marco Evangelisti
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Forse dovremmo cercare i mandanti. Candidi, inconsapevoli, benintenzionati e tuttavia mandanti. Della vicenda di Nicolò Zaniolo, inseguito fin sotto casa non da predicatori in missione per conto di Dio bensì da una torma inquietante di fanatici secondo i quali indossare una divisa disinnesca la libertà di scelta. E della vicenda della Sampdoria, club in provvisoria e aristocratica decadenza alla quale arrivano proiettili a salve, allegati a promesse di renderli veri e presumibilmente letali in una delle prossime occasioni. E di quella di Francesca Fantuzzi, investita da un fortunale di insulti quando ha tentato di rallegrarsi su Instagram della vittoria del marito Domenico Berardi, bandiera del Sassuolo sempre in partenza e sempre confermata, sul Milan a San Siro. Il quale Siro, per inciso, secondo la leggenda porse a Cristo la cesta dei pani e dei pesci da moltiplicare. Oggi gli chiederebbero sui social chi si crede di essere e dove ha preso quella roba.

I mandanti si rintracciano facilmente nei paraggi dell’accaduto. Per esempio, nel caso di Zaniolo si sono ritrovati con l’indice di sgradimento puntato in faccia, nell’ordine, Mourinho che ha reso pubblica la volontà conclamata del giocatore di lasciare la Roma e i proprietari Dan e Ryan Friedkin, i quali hanno fatto la faccia feroce sbarrando le vie d’uscita. Personalmente riteniamo che i tre abbiano agito a tutela del club, ma il nostro è un parere che in base alle regole della vita attuale cede il passo alle sentenze digitali dei tribunali popolari.

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Il giudizio di pura e semplice inciviltà viene più naturale nei casi della cartuccia di Genova e delle offese alla famiglia di Berardi. Però anche qui, volendo: è colpa della gestione sampdoriana precedente, è colpa della stampa di parte, è colpa persino di Berardi che manca di misura nell’agonismo in campo e quando esulta è sguaiato laddove dovrebbe limitarsi a sorridere, meglio ancora a un sospiro di soddisfazione.

Insomma, trovare i mandanti è facile. Pure quando in tutta evidenza non ce ne sono. Lungo questa strada si può arriva e lontanissimo, alla crisi della scuola, alla frustrazione esistenziale innescata dal dilagare della televisione negli anni Ottanta e Novanta e catalizzata in seguito dalla rivoluzione comunicativa, alla crisi dei valori morali e di quelli di borsa. La verità è che siamo tutti mandanti dell’inciviltà e quindi siamo tutti innocenti. O quasi. Abbiamo la colpa di aver creato un ambiente ostile a qualsiasi forma di rispetto dell’altro, in cui il naturale diritto di ciascuno a parlare si è evoluto in pretesa di straparlare.

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Ci sono alcuni che hanno appeso odiosi striscioni contro Zaniolo, alcuni altri o forse le stesse persone che l’hanno importunato davanti all’ingresso della sua abitazione, c’è chi ha invaso l’Instagram, aperto e indifeso, della moglie di un giocatore e chi ha pensato bene di inviare una pallottola alla sede di una squadra di calcio. Ci sono poi dirigenti che non hanno scrupoli a difendere indifendibili frange di tifosi, atleti che ritengono professionale allenarsi e giocare solo se si sentono blanditi a sufficienza, club che considerano le proprie risorse umane molto risorse e umane giusto quanto occorre. Ci sono amministrazioni pubbliche che impiegano dieci anni solo per dire no alla costruzione di uno stadio. Presidenti di società che non vedono oltre il bilancio successivo e invece di progettare il domani dello sport congiurano in una eterna guerra tra bande.

Eccetera eccetera. Siamo tutti colpevoli, dunque nessuno lo è e questo è l’importante. Coscienze a posto. Mentre altrove pianificano, sfruttano le relazioni internazionali, braccano la modernità, investono sulle strutture, costruiscono cose tipo la Premier League. Da noi i giocatori si guardano alle spalle tornando a casa e sono costretti a chiudere i profili social. Magari non c’entra niente. A occhio, c’entra qualcosa.


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