Roma, pedalare controvento

.
Roma, pedalare controvento© BARTOLETTI
Ugo Trani
3 min

“La Roma non ha mai pianto e mai piangerà. Perché piange il debole, i forti non piangono mai”. Ce la ricordiamo bene questa frase, la più bella e la più significativa di Dino Viola. Indimenticabile e mai così attuale. Altro che violese. Il presidente più amato di sempre, ci ha lasciato ormai quasi 32 anni fa, è stato sempre chiaro quando si è rivolto alla sua gente. Un po’ come Mourinho oggi. Simili, l’Ingegnere e lo Special One, al momento di schermare l’ambiente. Svelti e fieri quando c’è da proteggere la squadra e la tifoseria. Ascoltare quelle parole toste e inequivocabili di Viola, spesso le sentiamo riproposte nelle radio e tv locali, fa sempre un certo effetto. Più che commoventi. Le lacrime no. Ci rimarrebbe male per primo Dino, condottiero assoluto del secondo scudetto e di tante altre battaglie della Lupa. L’esaltazione si. Quella di chi va in curva o da chi, partecipando all’entusiasmo che ha generato Mou da quando è nella Capitale, gonfi a l’Olimpico di passione già da prima del successo in Conference. Siamo a 13 sold out consecutivi e l’impressione è che si vada avanti ad oltranza. Viola parlò con una serenità che spiazzò la grande platea romanista. Oggi lo fa Mourinho che con il suo gruppo stanno pedalando controvento. La rosa sfiorita prima ancora di vedere finire l’estate, bellissima per gli arrivi e tormentata per gli imprevisti. Da Darboe, da qualcuno già dimenticato, a Dybala. E’ caduto Wijnaldum, l’altro grande colpo dei Friedkin. A metterlo ko è stato Felix che solo per caso (complicazione burocratica), già ceduto alla Cremonese, era ad allenarsi a Trigoria. Farsi male da soli, insomma. E’ accaduto pure giovedì scorso. In meno di due minuti Mancini ha fatto fuori Celik che si è andato ad aggiungere a Kumbulla, Karsdorp, El Shaarawy, Pellegrini. Gli occhi lucidi di Dybala, dopo il rigore trasformato per battere il Lecce, hanno chiuso il cerchio. Ma non hanno fermato la Roma che, con 19 punti in classifica e quindi a 4 dal Napoli capolista, resta tra le big. José, pur pesando il momento senza più Joya, la pensa come Dino. E’ l’ora di comportarsi da Roma. Ai dolori e alle critiche devono replicare quelli che ultimamente vengono considerati i reprobi del gruppo. Giocatori che non riescono a lasciare il segno come vorrebbero i Friedkin, Mourinho e i tifosi. Come vorrebbero anche loro stessi. Pensiamo ad Abraham e all’allegro centravanti che nella stagione scorsa fece centro per ventisette volte. Tammy è fermo a 2 reti. Comunque pesanti: pari di Torino contro la Juve e successo di Empoli. Ma è lui che, ritrovando il sorriso e il gol, si deve mettere sulle spalle la squadra che fatica a segnare e che si accontenta di Smalling, difensore bomber d’Europa, capace di viaggiare al ritmo di Lautaro, Dzeko e Milik. Tre gol certi centravanti. Pellegrini ha l’assist facile: sono 6. Ma per il capitano una rete è niente. Zaniolo mancherà a Siviglia. Pure a lui si chiede di preparare il decollo. Suo il gol per il trionfo di Tirana contro il Feyenoord, lo scorso 25 maggio. Da lì il digiuno, dopo l’estate in bilico, con l’ipotesi della cessione. Oggi per lui si parla di prolungamento e adeguamento del contratto. Ma deve battere un colpo. Non segna in campionato dal 23 gennaio e all’Olimpico, sempre in serie A, dal 2 novembre 2019. Sono passati 1072 giorni da quel Roma-Napoli. La prossima partita in casa.


© RIPRODUZIONE RISERVATA