Un’altra beffa, per certi versi simile a quella atalantina. Ieri il secondo tempo è stato tutto della Roma: ha giocato, recuperato, creato, sbagliato l’impossibile anche, trovato un portiere in grande serata, Bravo, ed è stata punita nell’unica occasione in cui - nella frazione - il Betis è riuscito a indirizzare il pallone verso la porta di Rui Patricio.
Roma-Betis diretta 1-2: doccia gelata per Mou, Zaniolo espulso
Resta preoccupante il rapporto tra gli expected goal e le reti segnate. Soprattutto l’inconsistenza di Abraham sta diventando un problema serio per Mourinho, che giustamente continua a dargli fiducia. Dybala, pur se in piena luce, non può bastare, così come la Roma non può pensare di poterla risolvere solo su palla inattiva.
Questa sconfitta complica le cose in chiave qualificazione. Di buono ci sono la crescita di condizione di Matic, che sembra restituito al calcio che conta, Zalewski e Ibañez. Di spiazzante, l’ennesimo eccesso di Zaniolo, peraltro meno “strappante” del solito.
Va detto che il Betis è la squadra migliore fin qui affrontata dalla Roma: ha qualità tecnica, un palleggio precisissimo e movimenti senza palla invidiabili; non punta sul pressing e sui ritmi alti, ma gioca un calcio di notevole spessore e non spreca una giocata: Guardado, Fekir, uscito prestissimo per infortunio, Canales e Guido Rodrigues sono valori indiscutibili e fanno volume.
Una doverosa puntualizzazione sulle cifre di Mou relative alla nota che lo dà “allenatore più vincente nella storia delle coppe europee”. Il web diffonde spesso numeri contrastanti, dati “insensibili”: sembra che non esista alcuna certificazione ufficiale e allora non resta che far lavorare Massimo Perrone, il quale dopo un pomeriggio di lavoro ha stabilito che «Ferguson vanta 141 vittorie, Ancelotti 131 con il 2-1 allo Shakhtar, Wenger 127 e Mourinho 120». «Si parla di coppe europee» la necessaria sottolineatura «compresi Intertoto e Supercoppa e esclusi Mondiale per club/Intercontinentale».
Mi fido dello specialista assai più che della rete, anche se nei giorni scorsi siamo caduti, come altri, nel tranello. Mou e Ancelotti sono, tra i primi quattro, i soli ancora in attività, incalzati da Guardiola. Lo Special ha 4 anni meno di Carlo, ma lo svantaggio di non allenare più il Real: gli possiamo solo augurare di superare Fergie con la Roma.
La forza e Ventrone
Gian Piero era più avanti degli altri. Il padre gli aveva lasciato un po’ di denaro e lui lo investì in strumenti per il lavoro (cardiofrequenzimetri e altro). Trent’anni fa fu Claudio Ranieri, consigliato dall’allora assessore allo sport di Pozzuoli, a dare fiducia al giovane che faceva correre la Primavera del Napoli: gli affidò il recupero di De Napoli e in seguito lo volle in prima squadra.
Sempre a Napoli Marcello Lippi si innamorò del sistema Ventrone al punto che un anno dopo portò Gian Piero alla Juve. Nel frattempo il Nostro si era evoluto. Il suo must, la forza: sul potenziamento atletico e sulla resistenza si concentrò con passione.
Quando Lippi lasciò la Juve per l’Inter, fu Moggi a dividere la coppia: ricco contratto quinquennale. Ventrone non fece parte dell’avventura azzurra 2006: Marcello scelse Gaudino. Il resto di una storia importante parla di Cina con Capello (Suning) e Cannavaro (Evergrande), infine di Tottenham con Conte, devastato dal dolore per la perdita dell’amico e collaboratore. «Fino a cinque giorni fa Gian Piero era qui con noi» mi ha raccontato Fabio Paratici, piangente, quando ho cercato la conferma della terribile voce. Che purtroppo ho ottenuto. Ventrone ha cambiato la preparazione atletica. Dell’uomo non dimenticheremo il sorriso, l’affabilità, la semplicità.