Carico sì, in forma smagliante pure, ma zitto. Drasticamente silente. «Parliamo il 13 agosto» ha zittito così, oltre che se stesso, anche l’insinuante microfono che si era fatto sotto a Fiumicino. Il tuono che annuncia il temporale? Se manterrà la promessa (minaccia?), José parlerà solo alla vigilia di Salernitana-Roma, prima di campionato, il che risulterebbe quanto meno strano, considerando che di mezzo passerà un ritiro intero e tutta una serie di test dove la nuova Roma prenderà forma. Quaranta giorni fondamentali, dove il Grande Alchimista dovrà cominciare a fondere i suoi metalli, avendo capito che metalli saranno e quanti di loro trasformabili in oro. Di sicuro, nella testa del mister ronzano a proposito dubbi e apprensioni grossi come calabroni.
Lapidario e allarmante, l’annuncio di silenzio di Mou arrivava proprio nelle ore in cui Celik sbarcava a Roma con il sorriso timido dei guerrieri, Svilar e Matic si presentavano a Trigoria lasciando capire senza tante perifrasi che erano lì perché persuasi dalla parola di Mou prima ancora che dal nome della Roma. Un turco di molta sostanza, un fedelissimo non di primo pelo e un ragazzino che dovrà covare le sue ambizioni all’ombra di Rui Patricio, gli ultimi due di matrice serba (Mou adora i calciatori serbi e, in generale, balcanici perché sono tosti, leali, non hanno paura di niente, essendo molti di loro cresciuti sotto le bombe).
Poco più di un mese dopo. Smaltita la sbornia, esaurite le lacrime, i cori, le risa, Mou è tornato nel suo assetto preferito: quello dell’irrespirabile trita-anime. Mettere pressione a sé e al mondo che lo circonda è la cosa che gli viene meglio. La maschera, non ancora furente, ma abbastanza truce di chi, a scanso di equivoci, ti fa capire che la festa non solo è fi nita, sepolta, dimenticata, ma qui si rischia seriamente l’incidente. Chi ha buona memoria ricorderà che già la sera del trionfo a Tirana, mentre tutti cercavano di buttarla nella caciara dei brindisi, Mou fu attento a seminare due o tre warnings pesanti alla società. «Attenzione, voglio vedere cosa accadrà a partire dal prossimo mercato».
Non è accaduto molto. C’è tempo, Tiago Pinto si sta dilaniando per portare doni al suo geniale tiranno, ma è un mercato diffi cile, vendere più complicato che comprare (immaginate Sarri, Spalletti, Allegri, Gasperini, ecc. meno incazzati o ansiosi di Mou?). Troppe questioni sospese a Trigoria. Zaniolo, la prima. Il rapporto con Mou non è mai decollato. José non sospetta del suo talento ma delle sue attitudini ad essere un grande giocatore dentro il gruppo (Lorenzo Pellegrini) e non una star fuori dal gruppo. Al momento, nebulosa totale. Non si sa se e dove andrà, non si capisce chi, eventualmente, lo sostituirà. L’ipotesi peggiore? Ritrovarselo in squadra demotivato e scontroso. Perso anche Miki, la Roma non ha un profi lo che gli somigli. Matic è un grande giocatore, ma è un altro giocatore. Anche Frattesi è un altro giocatore e, comunque, ancora discretamente lontano. Risultato: José per non sbagliare ha steso a Trigoria il tappeto dei carboni ardenti e nessun piede si potrà astenere dal camminarci sopra.
Detto questo, va aggiunto che il Mou ammutolito in pre-season non pè una novità, l’abbiamo visto l’ultima proprio lo scorso anno. 45 giorni senza parlare dopo la conferenza stampa del suo arrivo a Roma. Dunque, il silenzio come strategia di pressione, ma anche strategia di seduzione.