La Roma, che non chiameremo B per non suscitare ulteriori ire in Mourinho, ci mette un filo di acceleratore e una sgassata finale. Non basterebbe per superare il Fiorenzuola, ma lo Zorya sì. Gli ucraini danzano come farfalle e vanno in terra con la medesima facilità. Di pungere come api non se ne parla. Dunque l’allenatore meno elastico del continente approfitta della gita infrasettimanale per aggiornare la lista delle preferenze. Prima giocano le plausibili alternative, il sodo Calafiori, il razionale Darboe, il broncio vivente Kumbulla, il percussore Shomurodov accostato a El Shaarawy e a Carles Perez. Poi entra qualche prima scelta: Zaniolo si va sciogliendo, Abraham porta avanti la sua corrispondenza amorosa con i tifosi (arrivati sin lì) e, novità delle novità, riceve persino qualche suggerimento profondo che gli permette sia di segnare sia di bastonare il palo tanto per non perdere l’allenamento. Infine vengono concessi alcuni minuti di preziosa se non unica opportunità ai clienti abituali della sala d’attesa mourinhana, Villar, Diawara e Borja Mayoral. Mentre Cristante, che a occhio avrebbe bisogno di momenti di quiete, si gusta intero intero un altro long drink agonistico.
Non sono messaggi. Mourinho non ha bisogno di lanciare bottiglie in mare e ha altro per la testa. Dopo aver perso il derby senza averlo affatto dominato, checché ne dica lui - semmai lo ha mantenuto in sostanziale equilibrio fino in fondo, questo alla Roma va concesso -, gli serviva un risultato sonoro e lo ha ottenuto, anche grazie alla solita esibizione di teletrasporto di Rui Patricio proprio all’ultimo secondo. Tre a zero suona meglio di tre a uno, va ottimamente così e adesso avanti un altro, avanti l’Empoli che viene buono per non scivolare più lontano dal vertice del campionato. Ammesso che domenica la Roma batta Andreazzoli, sempre ben disposto a darle una mano per la discesa.
Mourinho non manda messaggi. Ciò che ha da dire lo dice. In pubblico e in privato. Lo hanno ingaggiato con l’intenzione di consultarlo, ascoltarlo e dargli tutta la corda possibile. Se in qualche misura si è dovuto accontentare dello spago è stato per un paio di giri di vite del destino, quasi mai tenero con chi avrebbe bisogno di una mano amica per issarsi a riva. La squadra è debole in alcuni punti e monca in altri, lo sappiamo. Ibañez esiliato sulla fascia è a suo agio quanto un matematico a un convegno di astrologia. Lorenzo Pellegrini sta vivendo quella fase topica della crescita in cui si regola il fine equilibrio tra le cose che si possono fare e quelle che si devono. Però da questa rosa sbilenca Mou comincia a estrarre le carte a sorpresa e si prepara a giocarle sul serio. Intanto ha fatto poker in Europa ed è quarto in campionato. Potrebbe andare peggio. Infatti altrove sta cominciando a piovere.
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