ROMA - Il casting tecnico sta diventando una boutade: «Se cade il Governo, vorrei fare l’allenatore della Roma» ha detto il Premier Giuseppe Conte, tifoso dichiarato, nella conferenza stampa di ieri pomeriggio. E se anche Giovanni Malagò, presidente del Coni e altro tifoso romanista, auspica che la società «chiarisca i dubbi» sul futuro, risulta evidente la deduzione: dall’esterno è complicato comprendere le strategie di Pallotta. Questo frena molti professionisti che il numero due dell’azienda, Guido Fienga, ha contattato con l’aiuto di Totti.
VOLATA - Eppure siamo alla stretta finale. Paulo Fonseca resta il candidato più autorevole alla panchina della Roma. Anche ieri ci sono stati contatti con l’entourage dell’allenatore portoghese, su input di Baldini che lo considera l’uomo giusto nel momento giusto. C’è chi assicura che già oggi uno dei manager, Nuno Abreu, parta per Roma con l’obiettivo di incontrare dal vivo gli interlocutori e tastare l’offerta. Fienga è pronto a offrire 2,5 milioni netti più bonus facili che consentano allo stipendio annuale di lievitare facilmente verso quota 3. E’ più o meno la cifra che Fonseca prende allo Shakhtar. Ma non sono certo i soldi l’elemento principale di questa negoziazione. Per lasciare Kiev, dove vive da tre anni, Fonseca chiede un progetto di lunga durata (contratto triennale) e garanzie tecniche nell’immediato. Come altri allenatori sondati prima di lui, non si giocherà la possibilità più importante della carriera senza avere una ragionevole certezza di successo.
RAPPORTO - «In futuro tutto può succedere, tranne che alleni la Dinamo Kiev» ha spiegato Fonseca in un’intervista pubblicata ieri, lasciando aperte tutte le possibilità. Non tradirebbe il presidente dello Shakhtar, Rinat Akhmetov, per scegliere la rivale del club che lo ha valorizzato. Ma al di là della battuta, il patron gli ha dato il via libera. Non pretenderà neppure la clausola rescissoria da 5 milioni davanti all’investitura di un club che frequenta il grande calcio. Ora è Fonseca che, dopo aver parlato anche di rinforzi con la Roma, deve sciogliere le riserve. Passare da un club che gli offre costantemente la vetrina della Champions League, senza contare i titoli “comodi” in patria, a una squadra dove sarà necessario ricostruire è un salto aff ascinante ma rischioso.
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