ROMA - Totti, per me, è in quel lancio, spalle alla porta, che ha liberato Dzeko per il gol. In quel gesto, compiuto da un uomo che stava per compiere quarant’anni, c’è la sua magica follia, la sua poetica sfrontatezza. Ha fatto centinaia di gol, ha vinto scudetti e campionati mondiali eppure sembra sempre il ragazzino con la faccia da film di De Sica che molti di noi hanno visto crescere e che da un quarto di secolo rende il calcio un caleidoscopio pieno di sorprese colorate. Romanista, romano, spiritoso, intelligente, munito di quella peculiare dote comica che solo i romani hanno: le pause riempite dallo sguardo, le pause che spingono gli altri ad attendere la battuta che fulminerà il malcapitato di turno. Giocavano con lui, all’inizio. Con le barzellette che lo sfottevano. Ma a via Vetulonia non si frigna. Ci si fa largo con il carattere e il talento. E Totti ha dimostrato non solo di essere un genio del calcio che Bolt e Messi devono onorare, ma si è mostrato, anche con un percorso di crescita e cambiamento, una persona avveduta e arguta, saggia e divertente. Ora che è più fortunato di molti non si è scordato di essere stato meno fortunato di altri, all’inizio. Non è solo un campione, forse uno dei più grandi che ci siano stati. E’ una persona intera, amata come pochi sono stati amati. Stare e parlare con lui è piacevole, è divertente, è sempre una sorpresa.[...]
Come immagini il tuo futuro adesso?
«Non so quello che mi riserverà il futuro. Però so che sarà una cosa piacevole, sarà un’altra vita, un’altra carriera bella. Sinceramente non so cosa farò. Però spero di rimanere per sempre nella Roma. Questo è il mio desiderio, e mi auguro e voglio aiutare la società nella quale ho speso la gran parte della mia vita. Sarei davvero felice se potessi essere di aiuto alla Roma».
Ti piacerebbe allenare?
«Da una parte sì. Però in questo momento non ci penso perché, conoscendo il mio carattere, forse non saprei gestire un gruppo. Però, in effetti, vedo tutti i miei ex compagni che appena smesso di giocare hanno preso questa carriera d’allenatore. Mi sa che scatta qualche cosa dopo, perché tutti si mettono a fare gli allenatori e allora può darsi pure che scatterà qualche cosa anche a me. Che ti devo dire: cambierò carattere, cambierò modo di impostare tante cose».
[...]
Chi è l’allenatore con cui ti sei trovato meglio nella tua carriera calcistica?
«Zeman era quello con cui mi sono trovato meglio di tutti. Anche con gli altri, più o meno. Ma io non ho avuto mai problemi con gli allenatori perché poi alla fine ho fatto sempre il mio dovere, li ho sempre rispettati e, questo lo ribadisco un’altra volta, io alla Roma non ho mai cacciato via un allenatore, non ho mai voluto un allenatore. Ha fatto sempre tutto la società. E’ inutile che fuori dicano Totti ha cacciato via quello o ha voluto quell’altro, io non ho mai messo bocca su niente. Questo lo voglio precisare perché è giusto si sappia la verità. Per me chi veniva veniva, l’importante era che fossero allenatori autorevoli, allenatori vincenti. Poi è normale che ci siano allenatori più forti e meno forti. Però il rapporto, il rispetto, è stato con tutti uguale. L’unico con cui ho avuto un po’ di problemi è stato Carlos Bianchi. Però ancora ero giovane e lui non è che era molto attento ai giocatori romani perché a lui piacevano più gli stranieri. Lui, essendo argentino, conosceva tanti giocatori stranieri perciò i romani non è che lo convincessero tanto. Poi essendo io giovane aveva cercato in tutti i modi di spingermi verso altri orizzonti».
SENZA SABATINI SARA' UNA ROMA ALLA "MONEYBALL"
Per farti cambiare squadra?
«Sì e anche lì è mancato pochissimo, perché mi ero messo d’accordo con la Sampdoria. Firmai con la Sampdoria e il giorno dopo ci fu un torneo all’Olimpico con Ajax e Borussia Dortmund. Fu la sera prima che io andassi alla Sampdoria. Ma gli dei di Roma si ribellarono e fu una serata magica, per me storica. Forse sarà stato il destino, ma quella sera feci due goal sia all’Ajax che al Borussia Dortmund. All’Ajax c’era un giocatore molto forte che Carlos Bianchi voleva a tutti i costi. Ma dopo la partita il presidente Sensi s’impuntò e disse: lui da qua non va via. Alla fine saltò tutto con la Sampdoria e rimasi in giallorosso. Bianchi disse o Totti o me e Sensi disse Totti. E da lì è cambiato tutto…».
Leggi l'intera intervista sull'edizione odierna del Corriere dello Sport