ROMA - Il problema della Roma è nella sua testa. A meno che non abbia completamente sbagliato la preparazione, ma proprio tutta, dall’inizio alla fine. La Roma ha paura di se stessa: se a Verona vince 2-0 e si fa rimontare, se segna poi il terzo gol e si fa ancora rimontare, e se nella gara successiva va in vantaggio contro una squadra che è tutt’altro che in condizione (il Milan) e si fa di nuovo rimontare, vuol dire che non c’è con la testa. La Roma non è in sé. Appena Kucka ha segnato il gol dell’uno a uno (al 5' del secondo tempo), la squadra di Garcia ha finito la sua partita. Scomparsa, inghiottita da chissà quale terrore ingiustificato, visto che il Milan di oggi non può far paura a nessuno. Il modo in cui la squadra di Mihajlovic aveva iniziato la partita era lo specchio fedele delle difficoltà rossonera a giocare e soprattutto a difendersi. La coppia Zapata-Romagnoli era stata bersagliata dal giovane Sadiq, perforata dalla rete di Rüdiger e di nuovo quasi battuta da un altro colpo di testa dello stesso Rüdiger (traversa).
Non c’era Milan, c’era solo un po’ di Roma. Che, come detto, si è liquefatta nella ripresa. Florenzi ha preso un gol inevitabile perché se fa il difensore e deve saltare di testa coin Kucka non può cavarsela in nessun modo. Poi De Rossi non stava bene fisicamente e andava a ritmo ultraridotto, Pjanic sembrava fuori dal gioco (si è visto solo sulla punizione-assist per Rüdiger e sul calcio d’angolo che sempre per l’ex Stoccarda ha girato di testa sulla traversa), Gervinho sbagliava ogni soluzione finale e quando Garcia ha messo Totti, lontanissimo da uno straccio di condizione, a noi è sembrato chiaro che lo facesse per cercare di tacitare uno stadio che già bolliva di rabbia. L’Olimpico si è stufato di aspettare una squadra che non è più una squadra.