Napoli, Conte e la mano de Dios

I segnali che arrivano dal campo fanno aumentare l’autostima del gruppo, consapevole delle sue potenzialità e soprattutto dei grandi margini di miglioramento
Pasquale Salvione
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Era appena finito il discorso alla squadra. Un intervallo complicato, il Napoli non riusciva a sfondare il muro del Lecce. C’era da venire a capo di una situazione delicata, con lo stadio che si aspettava una svolta dopo un primo tempo niente affatto semplice. Antonio Conte, risalendo dagli spogliatoi prima di rientrare in campo, è andato a toccare la statua di Maradona. La mano de Dios gli è servita anche stavolta, la magia azzurra continua. Il Napoli ne viene fuori ancora con il carattere, con la voglia di non arrendersi mai. Non ruberà l’occhio, ma è una squadra solida, quadrata, efficace. Assomiglia molto al suo allenatore, che oggi può mettersi comodo in poltrona a guardarsi Inter-Juve. Non avrebbe mai immaginato, un po’ di tempo fa, di poterlo fare con 5 e 6 punti di vantaggio in classifica.

Con il Lecce i numeri parlano chiaro, c’è poco da aggiungere quando fai 65% di possesso palla, tiri 24 volte e batti 16 angoli. Ma nel calcio non è mai scontato vincere le partite anche se il dominio è totale. E così il Napoli deve ringraziare anche il rientrante Meret, bravo a blindare ancora una volta la porta. I progressi difensivi sono sicuramente uno dei segreti di questo inizio di stagione. Se riesci a fare 6 clean sheet su 9 partite giocate (5 nelle ultime 6), vuol dire che il lavoro di Conte sta dando i suoi frutti. Così come c’è la mano dell’allenatore se riesci a centrare la quarta vittoria di fila (non succedeva da febbraio 2023) oppure se fai tornare lo stadio di Fuorigrotta un fortino (finora 5 vittorie su 5). La stessa mano di Antonio che forse avrà assorbito magia da quella statua allo stadio. Anche ieri ha sbloccato la partita dopo aver fatto un doppio cambio, non era passato nemmeno un minuto. Le mosse iniziali (Ngonge e Neres) non hanno dato i frutti sperati e probabilmente non hanno soddisfatto nemmeno Conte, che è stato costretto a intervenire in corsa per stappare la partita. Dal rifacimento tattico però è emerso un dettaglio che può rivelarsi importante da qui in avanti: McTominay abbassato accanto a Anguissa è una soluzione per osare quando ce ne sarà bisogno. Così come vedere contemporaneamente Raspadori accanto a Lukaku con due esterni offensivi.

I segnali che arrivano dal campo fanno aumentare l’autostima del gruppo, consapevole delle sue potenzialità e soprattutto dei grandi margini di miglioramento. La vittoria sul Lecce è sicuramente il miglior biglietto da visita per presentarsi al tour de force che partirà martedì sera da San Siro. Sarà un ciclo terribile con Milan, Atalanta, Inter, Roma, Torino e Lazio, un mese e mezzo che darà al Napoli una dimensione definitiva. L’inizio al Meazza sarà tutt’altro che semplice. Conte avrà il vantaggio di non sfidare gli squalificati Theo e Reijnders, ma Fonseca ci arriverà dopo una settimana intera di lavoro senza giocare (per il Napoli invece saranno passati solo tre giorni). I rossoneri hanno una partita e 8 punti in meno, l’anno scorso avevano chiuso a +22 sul Napoli. Con Conte in pochi mesi lo scenario è cambiato. E non solo per merito della mano de Dios


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