Canta Napoli. Se revotano ll’onne dello stadio e pe’ la preiezza cagnano culore. Non c’è solo un Maradona da tutto esaurito, ma ribolle nello stadio di Fuorigrotta la passione delle stagioni felici. La campagna-acquisti di De Laurentiis e la conduzione carismatica di Conte hanno apparecchiato un Napoli da applausi. E ci sono segnali propizi. Meret che protegge la vittoria sul Parma (2-1) dopo un traversa degli emiliani. Lukaku, il centravanti-essenziale, che segna gol decisivi avviando i successi sul Parma e sul Como. Lobotka che tutto regge e sorregge. McTominay lunghe leve per coprire tutto il campo. Neres entra, scatta e segna. Buongiorno che ha cancellato ogni nostalgia di Koulibaly e Kim. Rrahmani che è tornato un difensore affidabile. Politano che fa gli straordinari. Sono le otto bellezze di una squadra alla quale Conte ha trasmesso la sua mentalità vincente. Amma fatica’: funziona l’imperativo partenopeo trasmesso dal tecnico e recepito dalla squadra.
Questo Napoli non si arrende come il Napoli di Vinicio. Questo Napoli difende come ai tempi di Panzanato e Girardo. Questo Napoli attacca come le formazioni degli scudetti. L’entusiasmo è altissimo. De Laurentiis, sempre impassibile nell’ombra della tribuna d’onore, ha fatto un balzo al sorpasso sui comaschi, lasciandosi andare a un messaggio non troppo criptico sul futuro, lassù dove hanno osato Bianchi, Bigon e Spalletti.
Nell’euforia del momento, col tifo che non ha più le note pittoresche di un tempo, gli antichi appassionati del ciuccio, quelli che traslocarono dal Vomero al San Paolo, rivedono a bordo campo le figure mitiche di una passione d’altri tempi, quando attorno al campo di gioco andava in scena una autentica scarpettiana. Sfilavano il Trombettiere che era Giosué Cuomo. Passeggiava il Barbiere di Posillipo. Facevano coppia ‘o ricciulillo, Gennaro Metarangelis, e ‘o chiattone, Carmine d’Alpino. Il tifo d’accompagnamento di un popolo non ancora benedetto dall’apparizione del pibe. Oggi mancano anche gli striscioni ironici inventati da Palummella.
Si può dire che oggi il tifo napoletano è più “maturo”. Più che passione viscerale fino i tempi di Diego, la nuova tifoseria più informata e meno scalmanata segue le partite più col cuore e meno di pancia. Anche la città è cambiata, meno folcloristica e meno agitata. Il Maradona è uno stadio tranquillo. Si perde nel tempo il ricordo di partite disperate fino al 2007, ventidue squalifiche di campo. L’ultimo sussulto, i petardi e i fumogeni per la partita col Milan di un anno fa. Oggi comme se fricceca la luna chiena, lo mare ride, ll’aria è serena.