Napoli, una matrice italiana: la legge di Conte

Leggi il commento sul pensiero dell’allenatore che sta costruendo una nuova versione della squadra
Massimiliano Gallo
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Non è dal particolare dei calci di rigore che si giudica un giocatore. Su questo Antonio Conte e Francesco De Gregori sono senz'altro d'accordo. La seconda parte della celebre strofa probabilmente sarebbe modificata dal tecnico salentino. Un giocatore lo vedi dal coraggio, dall'altruismo e dagli occhi della tigre. Dalla fame. E quello è un parametro che per fortuna non c'entra niente coi paletti di bilancio del Napoli. È un parametro che Conte conosce bene. Attenzione, non è uno di quei tecnici che preferisce gli operai ai calciatori di classe. Non dimentichiamo che fu lui a restituire una seconda vita calcistica a Pirlo incredibilmente scaricato dal Milan. Non si fece scappare l'occasione e se lo portò alla Juventus. Però è innegabile che Conte capisca subito che tipo di calciatore si trova davanti. Lo sottopone alla Tac delle motivazioni. Lui che trent'anni fa rappresentava la colonna vertebrale della garra juventina di Marcello Lippi. Era il rappresentante dell'ala operaista, quella che è sempre piaciuta a Boniperti. Lui, Di Livio, Torricelli, anche Montero. Tutti italiani. Tutti affamati. Con l'inesauribile desiderio di mangiarsi l'erba del campo. Anni dopo, da Ct della Nazionale, infarcì l'Italia di calciatori di questo stampo. Di quelli pronti a darti tutto. Il simbolo fu Emanuele Giaccherini che agli Europei del 2016 segnò anche un gol al Belgio.  

Napoli, il metodo di Conte 

Vuole calciatori che abbiano conosciuto la puzza della strada. E nei cui occhi sia evidente l'ambizione. Meglio se italiani. Perché anche in tempo di globalizzazione, una squadra, un progetto, è preferibile costruirlo con un numero minimo di calciatori italiani. Che possano diventare un simbolo. Per i tifosi. Ma anche per il club. E soprattutto per lui. Conte sottopone i suoi a un esame. E lo passano solo i calciatori di cui lui sa che può fidarsi. Sempre. In qualsiasi momento. In qualsiasi circostanza. Gli altri, fuori. Meglio uno in meno che portarsi in gruppo giocatori che non sentono la maglia come una seconda pelle. Chi non va a dormire con l'ossessione, non fa per lui. È la legge di Conte. Ha tracciato una linea e da questo confine non deroga. Chi non supera l'esame, non può giocare nel suo Napoli.  Non a caso ha scelto Buongiorno che è già un idolo dei tifosi. A Castel di Sangro ogni suo tackle era salutato da un'ovazione. Il tifoso deve percepire l'attaccamento. Deve sentire che il calciatore sta dando tutto. E dopo Buongiorno, Conte ha voluto Brescianini uno che la gavetta l'ha fatta. Che solo lo scorso anno, a Frosinone, ha giocato il suo primo anno di Serie A. E non aveva cominciato neanche da titolare. Il posto se l'è conquistato. Con la tenacia. Con l'abnegazione. Con la fatica: parola che piace tanto a Conte. Brescianini è il classico calciatore che col tecnico salentino può migliorare tantissimo. È uno che ha corsa, che sa cos'è il sacrificio ma ha anche tecnica. Un buon sinistro e una visione periferica che balza all'occhio. Un pezzettino alla volta, il Napoli di Conte sta prendendo forma. Forse un po' troppo lentamente. Ma senza compromessi.


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