Napoli, Conte l’allenatore più importante del campionato

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Ivan Zazzaroni
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L'ultima stagione del Napoli non è mai esistita, non s’è proprio giocata. Il napoletano l’ha cancellata ieri, intorno alle 15 e 30, non appena Antonio Conte - abito blu, camicia bianca e cravatta blu a pallini apparentemente napoletana - ha cominciato a parlare da allenatore del Napoli.

“O napulitan s’ fà sicc ma nu mor”: l’antico detto ci ricorda che nei momenti di difficoltà, in quelli più bui, il napoletano non soccombe mai, si adatta alle circostanze, magari dimagrisce (...) ma non muore. Per questo la stagione dei tre mister(i) non è mai esistita.

L’ultima stagione del Napoli sembra sia esistita soltanto per Antonio Conte che ci ha sorpresi così: «Noi abbiamo preso 48 gol», «noi ne abbiamo subiti 27 al Maradona». Noi noi noi? Loro.

Senza la stagione che non è mai esistita, però, oggi Antonio Conte non sarebbe l’allenatore del Napoli: l’avventura appena cominciata non varrà uno scudetto, ma ha i tratti del grande successo, di sostanza e di immagine: Conte a Napoli suona infatti benissimo, riaccende la fantasia, porta in altissimo.

Antonio ha subito riempito i suoi discorsi di lavoro, fatica, sacrificio, sudore, mentalità, ossessione e fatto conquiste: il napoletano s’innamora immediatamente dell’allenatore che porta serietà. Ricordo Vinicio, Bianchi, Bigon, Lippi, Simoni, Spalletti.

La presenza di Conte a Napoli mi entusiasma: usciti Allegri, Mourinho, Pioli, Ranieri, Sarri e Spalletti il ct, il Napoli ha l’allenatore più importante del campionato, uno con le idee talmente chiare da riuscire a indirizzare il mercato. Lo sarebbe stato - importante, importantissimo - anche se i sei che ho nominato sedessero ancora sulle panchine di serie A.

Conte torna a lavorare dopo quasi sedici mesi: lasciò il Tottenham con la risoluzione consensuale il 26 marzo dello scorso anno: non poteva più tollerare - sentimento corrisposto - il proprietario degli Spurs, Daniel Levy, le sue batterie si erano totalmente scaricate: molto aveva inciso, sul piano psicologico, la morte degli amici Gian Piero Ventrone, con lui anche a Londra, e Luca Vialli.

La lunga pausa e la ritrovata quotidianità familiare gli sono servite per recuperare tutta l’energia necessaria per sviluppare di nuovo un calcio di applicazione, tensione, pressione, attenzione, didattica.

Insomma, abbiamo di nuovo l’Antonio Conte di «io vivo per la vittoria»; «per vincere ci vogliono testa, cuore e gambe. Non in quest’ordine preciso»; «chi vince scrive, chi arriva secondo ha fatto un buon campionato, ma non ha fatto la storia»; «non è che ti svegli alla mattina e dici: oggi vinco. C’è un percorso da rispettare e non ci sono scorciatoie»; «più vai in vetta e più sono forti le folate di vento».

Al napoletano è tornata una gran voglia di lasciarsi trasportare lontano da quel vento.


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