Conte, il mago degli effetti speciali

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Massimiliano Gallo
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Quelle due A in bella mostra sul tavolo della Filmauro al momento della firma del contratto, sono il simbolo del nuovo Napoli. A come Aurelio. A come Antonio. A come alleanza. Un'alleanza che ha consentito ai due di tornare prepotentemente al centro della scena. Calcistica. E mediatica. L'evidenza, qualora ce ne fosse bisogno, che Napoli e Conte fanno ancora notizia e, insieme, incutono il doveroso timore. Nonostante un anno costellato di disastri per il club campione d'Italia e una lunga assenza dalla panchina con un'ultima stagione non proprio felice al Tottenham.
Conte al Napoli è un grande colpo. Il colpo di teatro di un presidente che dopo lo scudetto è parso il fratello gemello dell'uomo che in vent'anni è riuscito a coniugare risultati sportivi e utili d'impresa. Conte è un colpo mediaticamente forse persino superiore a quello di Ancelotti. Perché Ancelotti arrivò a Napoli dopo i 91 punti di Sarri. In una squadra considerata quasi perfetta e in un club col vento in poppa. Conte invece arriva dopo le macerie post-scudetto. Decimo posto. Tre allenatori. Fuori dalle coppe. Uno spogliatoio denso di malumori. E un club considerato in declino. Almeno fino al coniglio estratto dal cilindro. Effetti speciali possibili perché il Napoli è un'azienda economicamente solida: dettaglio che non deve essere trascurato.
Non staremo qui a fare i guastafeste e a rovinare il comprensibile e giustificato clima di euforia. In città hanno persino riposto il sentimento anti-juventino per salutare Conte come il salvatore della patria. Ma qualche osservazione ci sembra doverosa. L'alleanza tra Conte e De Laurentiis funzionerà nella misura in cui i due riusciranno a mitigare e a tenere a freno il loro lato oscuro. Che poi è anche il lato che li caratterizza. Funzionerà nella misura in cui i due riusciranno a rinunciare alle performance cui sono più affezionati. Anche perché, insieme, si giocano una fetta importante della loro credibilità e del loro futuro.
Conte non potrà più puntare i piedi alla prime contrarietà. Non potrà dire che non si va in un ristorante da cento euro con dieci euro. Spesso, per non dire sempre, le sue gestioni sono state contraddistinte da un vivace rapporto dialettico con la società. Stavolta sa benissimo dov'è arrivato. Sa benissimo quali sono le capacità di spesa del Napoli. Non potrà pretendere la luna. In queste settimane, attraverso una proficua attività di spin doctor, ha fatto sapere che sono false queste dicerie su di lui. Dovrà dimostrarlo. Ha ottenuto un dirigente di peso come Oriali (e la piazza gliene è grata, mai il Napoli di De Laurentiis aveva avuto una simile figura dirigenziale). Molto probabilmente otterrà una presenza decisamente più occasionale di De Laurentiis. E non è poco.
Lo stesso vale per il presidente. Che in un anno si è fatto la fama di mangia-allenatori. Del padrone che crede di poter mettere becco su tutto solo perché è lui a sganciare il denaro. Del boss che entra nello spogliatoio tra il primo e il secondo tempo a dire che cosa fare. Che spesso parla a sproposito. Insomma una tragedia. Ma va riconosciuto al burbero imprenditore romano che nelle situazioni di difficoltà si trova più a suo agio. Caratteristica, questa, dei fuoriclasse. E i fuoriclasse, si sa, si riconoscono. E sanno quando non è il caso di esagerare.


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