Comunque questo è il Napoli. Anche se Sanabria declina in una magia un rimpallo fortuito in area di rigore. Anche se il Torino è una piccola Atalanta, e fa un pressing a uomo che ottenebra qualunque ispirazione. Anche se Osimhen non è nella sua migliore giornata. Anche se Zielinski ha ormai la testa altrove. Questo è però il Napoli che il Maradona attendeva. Mobile, capace di allungare e accorciare la sua ragnatela senza slabbrarsi, con un possesso palla che è la sua cifra identitaria, con le verticalizzazioni sulla destra che bucano il coriaceo centrocampo granata, dove pure Gineitis tappa ogni falla, Linetty spinge, Vlasic guida. Una mediana così bene attrezzata avrebbe spezzato sul nascere la manovra prevedibile di Garcia e addormentato quella caotica di Mazzarri. Calzona invece ha previsto le alternative per sottrarsi all’accerchiamento di Juric. Non funzionano sempre a puntino, perché la guardia implacabile di Buongiorno neutralizza il riferimento centrale del centravanti nigeriano. Ma sulle fasce le cose vanno meglio. Perché Politano è il trottolino amoroso che moltiplica la fantasia con l’altruismo. E Kvara è una benedizione divina, per chi sa credere in questo ragazzo che rappresenta il miglior talento del campionato italiano. Agonisticamente irrefrenabile, tecnicamente funambolico, ambidestro che con il sinistro può sorprendere, opportunista di testa, caparbio e finalmente leader. Perché dopo il pareggio del Toro prende la squadra sulle spalle e da ogni dove del campo trascina, ispira, cannoneggia. Peccato che anche il possente Milinkovic ha deciso di lasciare a Napoli una prestazione memorabile. Col suo corpo e con le sue lunghe braccia si oppone ai tanti tiri che negli ultimi venti minuti gli azzurri sferrano contro la sua porta.
Il pareggio è per Juric un’impresa da incorniciare. Per Calzona un passo falso nella disperata marcia di avvicinamento alla zona Champions. Ma, a dispetto della classifica, ciò che scalda il popolo azzurro è il riecheggiare del solfeggio di Spalletti sulla musica del Maradona. Questo è il Napoli che affanna e che consola, per cui vale la pena di soffrire, di sperare, di amare. Poi sarà quel che sarà. Sarà una rimonta rocambolesca della classifica o una stagione sciupata. Ma comunque sia, si chiuderà finalmente con dignità, se non in gloria. Perché stavolta De Laurentiis ha azzeccato la guida giusta. Lo vedi dal modo corale con cui il Napoli affronta l’assedio finale, fino al 97’. Senza inutili assoli, senza incomprensioni, ma con la convinzione di provarci e ciascuno di fare il passaggio o la scelta tattica realisticamente migliore. Non c’è da gioire dopo tanto penare. Ma almeno consoliamoci. Alla terza puntata il presidente ci ha preso. E non è poco, se si pensa alle prime due.