Napoli, il piano di Mazzarri per rilanciare Kvara e altri tre big

Il nuovo tecnico è pronto per il restyling della squadra partenopea: Lobotka, Rrahmani e Lindstrom al centro della scena
Napoli, il piano di Mazzarri per rilanciare Kvara e altri tre big© FOTO MOSCA
Antonio Giordano
4 min

In teoria, è tutto più semplice di quello che sembra; in pratica, chissà!? Basterebbe in realtà riportare le lancette indietro, ci vorrebbe un orologiaio, e Walter Mazzarri, che con il cronometro è quasi diventato un meme, saprebbe come si fa. Quando mise piede a Napoli per la seconda volta (la prima era stata nel ’98, da vice di Ulivieri), trovò la carcassa d’una squadra, la sistemò in fretta, le diede i sincronismi smarriti o forse mai trovati, e le tolse il tempo: si gioca ben oltre la fine. E le partite smisero di durare ’90: miracolo. Ma partiva dal basso, all’epoca, doveva scorgere vette insospettabili e un universo nuovo e sconosciuto. Stavolta che si lancia da lassù, con un paracadute tricolore, e tutto intorno c’è semplicemente la malinconia per aver sprecato quattro mesi, è necessario scandire le proprie giornate con un pizzico di allegria in più, risistemando al centro del villaggio - ops, questa non gli appartiene - quattro personaggi in cerca d’autore.

Napoli, Lobotka torna al centro della scena

C’era una volta il Napoli: costruzione dal basso, appoggio sugli esterni, poi immediatamente a cercar luce in mezzo, da Stanislav Lobotka, un moderno visionario scongelato da Spalletti dopo un anno e mezzo di tormenti esistenziali in tribuna, poi tornato misteriosamente ai margini dell’impero, come se quel regno non gli fosse mai appartenuto. Per due stagioni, il Napoli è stato suo, una dipendenza magicamente sublime, arricchita da illuminazioni poi sfocate per scelta, per quella diversità di calcio che non ha mai attecchito, nell’era-Garcia, proiettata velocemente tra linee mai facilmente raggiungibili o su attaccanti sempre troppo lontani.

Kvara si riprende il Napoli

Si scrive Mvp e però si legge elettroshock, con tutto quello che s’è visto in nove mesi, con quattordici gol (dodici in campionato) e diciassette assist addobbati con le arti più varie, con quella faccia da fuoriclasse che ha stordito chiunque - in Italia, nel Mondo - e che l’ha trascinato persino nella trentina dei candidati al Pallone d’Oro. Kvara non appartiene ai talenti da gestire, forse neanche da indirizzare, semmai da governare, e poi da sostenere, liberandolo dalle gabbie che gli sono state costruite fatalmente intorno, offrendogli angoli di fuga e appoggi sui quali evadere. Kvara è la “follia” creativa da ritrovare con continuità, dopo che in dodici partite il Napoli ha potuto goderselo a corrente alternata, e non semplicemente a campo largo - dove è più facile - ma pure con l’organizzazione d’una fase offensiva da interpretare in sintonia. E la differenza tra il Kvara dell’anno scorso e quello che ha appena offerto una doppietta in regalo alla propria Georgia non è racchiusa esclusivamente nei numeri, negli otto gol di quell’avvio travolgente e nei tre di questa normalizzazione dissacrante.

Napoli, Lindstrom in rampa di lancio

Poi bisognerà uscire dall’“equivoco” Jesper Lindstrom, venticinque milioni di euro adagiati in panchina, 158' in campionato, 12' in Champions, trequartista per vocazione ritrovatosi, come anche nell’Eintracht, sulla corsia (in una squadra che difendeva a tre, ma guarda un po’), l’enigma irrisolto del ciclo-Garcia, naufragato nei dubbi, nelle incertezze, nelle scelte. Lindostrom è anche, dettaglio mai irrilevante per il calcio moderno, un investimento massiccio, una fortuna che non può essere svalutata e che cerca spazi che gli appartengono, per mostrarsi.

Napoli, Rrahmani si riprende la scena

È evaporato, così d’incanto, Amir Rrahmani, al quale qualche infortunio ha tolto le sicurezze che con Koulibaly e con Kim erano apparse sia tatticamente che caratterialmente: le sei partite saltate - e forse pure altro, una protezione un po’ irrilevante - hanno sviluppato un’involuzione insospettabile per chi, con un socio al fianco di spessore, s’era trasformato in leader silenzioso, difensore di contenuti e persino attaccante aggiunto (sei gol nelle due stagioni con Spalletti). Sembra di sentirlo il ticchettio...


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