Napoli, il miracolo al contrario

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Antonio Giordano
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Senza essere su scherzi a parte, il Napoli scopre d’essere finito in un vicolo talmente cieco nel quale non s’avverte neanche il profumo dello scudetto, celebrato (ma neanche poi tanto) in un’estate piena d’altro, di rivoluzioni sottili e silenziose, d’incertezze progettuali annusate tra le strategie di un mercato ondivago e di equivoci di fondo che sono riemersi, inevitabilmente, troppo in fretta. Il 4 maggio (o il 4 giugno, fate voi) è così vicino eppure pare perdersi in quel groviglio di pensieri spettinati che hanno sommerso il Napoli, nelle idee assai "osé" di Aurelio De Laurentiis, nell’eco di casting a più voci divenuti tormenti dell’anima, nella percezione immediata che il caos fosse dietro l’uscio o, paradossalmente, s’agitasse persino nelle bandiere al vento.

Garcia e il contromiracolo del Napoli

Il Napoli è sparito brutalmente, soffocato dal contromiracolo di se stesso, dalla capacità di azzerare - quasi del tutto - quel senso d’allegria creato in diciannove anni densi di Progetto: e proprio mentre avrebbe dovuto celebrarsi, esaltando la capacità creativa d’una società che nel 2004 era scomparsa, demolita dinnanzi alla Fallimentare, i protagonisti di un'impresa che rimane hanno scoperto la fragilità in cui trascina il successo. Rudi Garcia è stato l’"Errore", lo dice il campo - l’ha ammesso a se stesso e pure in pubblico De Laurentiis - non l’unico di questi cinque mesi carichi di contraddizioni, infarciti di decisioni, ma nonostante nell’album delle sviste ci siano vari fotogrammi, dagli highlights del passato (il più recente, il più remoto) non svaniscono gli effetti magici d’un tempo vissuto.

Napoli, il mercato e il tormentone Osimhen

E però stavolta - al di là di Tudor e della panchina, del tridente e del tatticismo di maniera - il Napoli ha la necessità, anzi l’urgenza, di dotarsi d’altro, di anticipare gli eventuali accadimenti del futuro, di svelenire il suo habitat, di rinfrescarlo attraverso una lucidità che l’euforia ha soffocato. Ci sarà un mercato che busserà prepotentemente alla porta, torneranno gli arabi e magari, chi può dirlo, si presenteranno gli americani, ricominceranno i tormentoni intorno ad Osimhen e, com’è semplice intuire, Kvara diventerà argomento di discussioni, almeno quanto Zielinski, che avrà trent’anni a giugno ma continua a rappresentare il simbolo di un’epoca, la più sontuosa che il Napoli ha potuto assaporare, Maradona a parte.

Il modello Napoli che rischia di implodere

Lo scudetto ha rappresentato la sintesi di un modello che però adesso rischia di implodere, se non adeguatamente rivitalizzato attraverso una visione che sia moderna, persino futurista, che riaccenda le competenze e le sistemi nel centro del core business, che non è un pallone, non è un calciatore, non è un allenatore, non è un direttore sportivo, non è neanche (esclusivamente) un presidente ma la fusione di un management tecnico ed economico capace di riaccendere la luce in quel vicolo cieco, affinché si veda, si senta, ancora lo Scudetto.


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