La festa di Napoli durerà un mese, ma il lavoro del Napoli è già iniziato e l’agenda del presidente è piena di impegni che lo scudetto porta in dote. Perché un successo di queste proporzioni alza l’asticella della qualità, disegnando nuovi obiettivi. Che non vuol dire obbligo di vincere la Champions. Ma piuttosto di costruire un ciclo, stabilizzando i risultati acquisiti e puntellando i punti di debolezza che la vittoria nasconde, ma che l’umiltà del bravo manager dovrà saper intravedere oltre la nebbia dei fumogeni.
Andiamo per ordine. Lo scudetto poggia sull’intuizione di resettare il precedente assortimento della rosa azzurra, liquidando alcuni dei suoi uomini più rappresentativi e scommettendo su nuovi talenti. Ma poggia anche e soprattutto sulla capacità che ha avuto Luciano Spalletti di integrare queste risorse, valorizzandole in tempi brevi, e soprattutto di recuperare alcune figure sottostimate nella precedente gestione. Una su tutte: Lobotka. Lo slovacco è l’architrave su cui poggia l’intera impalcatura tattica del Napoli: la duttilità nella costruzione della manovra e nell’interdizione si è espressa insieme con una continuità sorprendente, a cui certamente si collega la straordinaria sequenza di risultati utili in campionato. Perché due partite su tre si vincono a centrocampo, e qui il Napoli, grazie a Lobotka, è stato quasi sempre egemone. Spalletti è la mescola alchemica di un materiale umano certamente di primo livello, ma su cui non tutti avrebbero scommesso alla vigilia. La conferma della sua guida è il primo nodo da sciogliere in modo chiaro e soddisfacente per il tecnico. Che, motivando in conferenza stampa la decisione di soggiornare a Castelvolturno per tutta la stagione, ha detto chiaramente di considerare il tempo dedicato alla cura delle anime come il vero segreto di questo risultato. Spalletti no limits è condizione per bissare l’equilibrio solidale ed empatico che sta dietro lo scudetto.
La seconda questione riguarda il destino dei due cannonieri, a cui si deve non solo una percentuale di gol e di assist inarrivabile per qualunque altra coppia del campionato, ma soprattutto la capacità di risultare decisivi in molte partite difficili e in altrettante fasi difficili di molte partite. L’ipotesi che un dirigente arabo si presenti a Napoli con un’offerta a nove cifre, cioè superiore ai cento milioni, è tanto per Osimhen, quanto per Kvara, possibile. Non solo per quello che i due gioielli azzurri hanno fatto vedere, ma per le prospettive di ulteriore crescita che ad entrambi vengono accreditate. Ancorché si è convinto e ci ha convinto che nessuno è insostituibile, De Laurentiis tuttavia dovrà valutare eventuali offerte con molta attenzione, perché la sinergia che si è stabilità tra i due attaccanti non è facilmente ripetibile. Come tutte le sorgenti di valore che improvvisamente si rivelano a chi le aveva sottovalutate, il Napoli rischia di diventare terra di saccheggio. Le voci sul corteggiamento di Giuntoli da parte della Juventus non giovano alla costruzione di un ciclo. Blindare alcune posizioni chiave e progettare, insieme con queste, il nuovo salto di qualità è la mossa che può dare alle rivali la prova che la società è forte, e che lo scudetto non è un caso. Anzi, è passato di qui per restarvi.