Nella rivincita del Maradona, che questa sera opporrà il Napoli al Milan dopo lo 0-1 di San Siro, mi intriga un duello. Uno di quelli che sfuggono alle pance dei fanatici perché di rado i protagonisti se la giurano nello stesso vicolo, alla luce fioca e gotica degli stessi lampioni. Ma che stuzzicano gli appetiti dei collezionisti di dettagli, al netto delle zolle presidiate e contese. Non un classico della letteratura, dunque, tipo le baruffe goldoniane tra stopper e centravanti che prima si menano e poi si scambiano le canotte. Piuttosto, un diario di agguati e occhiate a distanza, con le squadre ad accompagnarne le scosse, le sieste.
Piotr Zielinski e Brahim Abdelkader Diaz. Un polacco di 28 anni e un ispano-marocchino di 23. In passato, avremmo scampanellato al numero dieci. Oggi, rientrano nel novero dei tuttocampisti (il napoletano) e dei trequartisti (il milanista). Zielinski arriva all’1,80, Diaz, più furetto, si aggira attorno all’1,71. L’uno occupa la casella mancina del 4-3-3 di Luciano Spalletti, dietro il tridente d’ordinanza, rampa ambigua e minacciosa. L’altro, nell’ambito del 4-2-3-1 che Stefano Pioli ha recuperato dagli stracci, s’imbosca di solito sul centro-destra, in attesa che le sportellate di Olivier Giroud adeschino e rintronino gli avversari, moltiplicando brecce e seduzioni.
Zielinski contro Brahim Diaz
“Sotto punta”, diremmo del ruolo di Gianni Rivera, e “liberi d’attacco” degli apolidi che ronzano come avvoltoi, pronti a ghermire la trama e condizionarla alle esigenze collettive. Il caso vuole che proprio domani, mercoledì 19 aprile, Sara Simeoni - l’eterna, immensa Sara - taglierà il traguardo, ambito e riverito, dei 70. Ecco: la metafora del salto in alto si addice perfettamente alle parabole dei nostri candidati. Zielinski, che piombò a Napoli nel 2016, “via” Udine ed Empoli, è sempre a un pelo dal valicare l’asticella del record; Brahim Diaz - l’ultima versione, almeno - alterna fior di misure a nulli stravaganti. “Pietro” si ciba di triangoli, di sentieri tormentati. Spesso nel vivo dell’azione, la quantità a bada della qualità. Il rivale entra ed esce dal paesaggio come in un quadro virtuale: corteggia l’attimo, felice d’incuriosirlo. Successe, di sgommata, contro la Juventus; e di rapina con il Tottenham. È capitato di nuovo mercoledì scorso, nell’arrembaggio, vorticoso e verticale, che lo ha portato a spaccare il Napoli e propiziare, attraverso la sponda di Rafael Leao, il gol-partita di Ismael Bennacer.
Più titolare, Zielinski. Più titolato, Brahim Diaz, se pensiamo alle scuole frequentate, l’accademia del Manchester City, con tanto di benedizione di Pep Guardiola, e il Real Madrid, società dalla quale Paolo Maldini lo prelevò nell’estate del 2020. Zibì Boniek stravede per il suo pupillo, mentre dalla Casa Blanca monitorano costantemente le pagelle del loro prestito. Ambidestri di cappa e spada, rimbalzano sull’ordalia faticando a governarla, ma il calcio che hanno nel sangue è passione e avventura, l’Ego al guinzaglio e non al comando. Zielinski piega, Brahim Diaz spezza. Per diversi che siano gli stili e ancora parziali le somme, tranquilli: non si nasconderanno.