Una questione di cuore

Leggi il commento al momento del Napoli dopo la sconfitta nell'andata dei quarti di finale di Champions League
Antonio Giordano
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Prima che sia troppo tardi, in questa vigilia in cui la Storia non è retorica a tanto al chilo, forse conviene a chiunque sbarazzarsi del proprio ego sproporzionato, sistemarlo a bordo campo, possibilmente non distante dalla passione, e starsene semplicemente un’ora e mezza a credere che non esistano limiti facendosi cullare dalla colonna sonora dello stadio. Napoli-Milan sarà lo spartiacque d’un destino che non può essere abbandonato a ritorsioni dell’anima o ad un mal di pancia di facciata, sarà una serata da attraversare lasciandosi guidare dal richiamo di sentimenti ch’esistono e non possono essere ovviamente mortificati da alcuna forma di baratto, un tempo mai vissuto prima che non può essere mortificato proprio adesso, sulla soglia del più gioioso dei sogni, dal gelo e in quel clima da “tutti contro tutti” che Spalletti ha frontalmente affrontato con fierezza e mettendoci pure stavolta la faccia. A pensarci bene, sarebbe persino irritante - in un frammento così emozionante per il calcio e per Napoli - starsene eventualmente lì a far la cronistoria di questa spaccatura, andarne a ricercare i motivi o invocare proprio ora, mentre quasi ci si sta per immergere nella notte della verità, un confronto che incida a futura memoria.

Nessun patto da codificare

Stavolta, martedì sera, non ci sarà da invocare il dialogo, né ci saranno patti da codificare se non con se stessi: e nel rispetto assoluto della legalità, l’intrattabile confine entro il quale ci si dovrà orientare, la Napoli che andrà al Maradona sa che dovrà impadronirsi del proprio ruolo, in realtà dei suoi sentimenti, per non aver rimpianti e peggio ancora rimorsi. L'ultimo Napoli-Milan, in quell’urticante domenica del 2 aprile, ha espresso la fotografia d’una giornata sbagliata e ha rappresentato non solo una ferita ma una terribile contraddizione che può essere rimossa immediatamente, rielaborando l’atmosfera festosa di cui ha bisogno uno stadio, ignorando le distanze che separano e dividono gli uni dagli altri (e quindi una parte del tifo da De Laurentiis), ricostruendo uno scenario gioioso e spargendo nell’aria quell’allegria che sa trasformarsi in devozione ed alimentare una “missione”. Il 18 aprile, non c’è verso, per la Napoli che s’incamminerà verso Fuorigrotta ma pure chi se ne starà a casa dinnanzi al televisore, sarà semplicemente una questione di cuore. È chiaro che per tentare d’avvicinarsi ad Istanbul, potrebbe comunque non bastare: ma per provarci, non c’è altra strada da percorrere che fare pace con se stessi.


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