Una domanda a Spalletti

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Alessandro Barbano
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La differenza la fa Maignan. Da solo vale mezzo Milan. Da solo vale la vittoria in una partita altrimenti equilibrata, dove il Napoli senza Osimhen fa il gioco ma non punge, e il Milan senza il gioco fa la forza dei numeri, quelli di Brahim Diaz, che ripete la prodezza del Maradona lasciando di sasso ancora una volta Mario Rui e Lobotka e inventando il contropiede concluso da Bennacer con la caparbietà di un vincente. Però è sulla linea di porta che si misura la differenza tra le due squadre. Il bravo Meret ci prova a intercettare con il piede il tiro di collo pieno del regista algerino, ma il suo piazzamento non è perfetto e la palla passa. Lo stellare Maignan invece arriva dovunque: sul bolide di Zielinski del primo tempo, che avrebbe piegato molti portieri di serie A, sul pallonetto di testa di Elmas, ma soprattutto sul tiro di Di Lorenzo scoccato nel finale dal cuore dell’area di rigore. È qui che il portiere del Milan compie un gesto atletico che è insieme figlio della sua stazza e della sua agilità, arrivando con la mano a deviare un pallone sul set mentre è ancora inginocchiato per terra. Un prodigio che fa il risultato. Il confronto tra Milan e Napoli rischia di essere il banco di prova delle reali ambizioni azzurre. Non solo perché con le due milanesi in semifinale, lo scudetto di Spalletti apparirebbe più piccolo. Ma perché la strabordante quanto incostante qualità rossonera è il muro davanti a cui si arresta l’armonia del palleggio azzurro, soprattutto quando manca l’alternativa del gioco lungo.

Il Napoli senza Osimhen gioca in dieci

Il Napoli senza Osimhen è ancora un’architettura di rara raffinatezza ma di scarsa utilità, dove la caparbietà di Kvara racconta novanta minuti di solitudine. Elmas non entra mai nel ruolo, pur essendo diligente nel pressing. Già prima dell’espulsione di Anguissa in attacco il Napoli gioca in dieci contro undici. E se pure, dopo l’uscita del camerunese, i dieci diventano nove effettivi, perché Raspadori è l’ombra di sé, tuttavia la squadra di Spalletti è ancora in grado di schiacciare il Milan nella sua metà campo sfiorando il pareggio. Questo per dire che la squadra di Pioli è insieme un pieno di acuti e di vuoti. Presa dalla parte giusta è un palloncino da pungere e far scoppiare, ma, lasciata gonfiare dalla fantasia dei suoi fuoriclasse e dall’entusiasmo del suo pubblico, prende il volo. È già successo due volte, a Napoli undici giorni fa, e a Milano ieri sera. Il dominio a centrocampo rischia di essere per il Napoli una trappola e insieme un’illusione, perché il Milan ripiegato su di sé è in grado in qualunque momento di uscire dalla sua maschera di apparente abulia e colpire a freddo.

Le domande a Spalletti

Per impedire che ciò avvenga occorre avere un raddoppio di marcatura costante sulla mediana e forse il coraggio di immaginare un modulo diverso da quello che ha portato Spalletti in cima all’attenzione di tutti. Perché non provare un centrocampo a quattro con Ndombelé titolare dall’inizio, sacrificando Lozano, e Zielinski dietro al duo Kvara-Osi? L’assenza di Anguissa, squalificato nel ritorno, potrebbe essere coperta da Elmas. Siamo certi che il 4-3-3 sia l’unico modo in cui questa squadra può esprimersi? È solo un interrogativo, ma dopo aver sbattuto due volte la faccia contro il Milan, è legittimo porselo. Lo lasciamo alla solitudine di Spalletti.


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