NAPOLI - L’uomo che ha segnato praticamente a tutti, che in campionato ne ha fatti ventuno in ventitré partite, che ormai è il principe del gol, che vale - ma chi lo sa di preciso? - qualcosa che va dai 120 ai 150 milioni di euro: insomma, l’uomo mascherato, quello che non sta nei fumetti ma nelle aree di rigore, rimane sospeso in aria o si mette a palleggiare in faccia a Smalling, quell’essere sovrannaturale che è la prova del nove vivente di quanto valga un attaccante, un po’ avrà smesso di chiedersi come mai non sia riuscito a “fregare” quell’alto mostro che domenica sera troverà dall’altra parte. Gli sarà bastato dare un’occhiata alle statistiche, certo, solo due partite giocate, e però anche dedicarsi all’espressione disorientata di Collins, che pure a quest’ora si starà chiedendo: «Ma come ha fatto?». In fin dei conti, quando ci si imbatte in Osimhen e in Maignan ci si pone esattamente la stessa domanda, si resta con le mani nei capelli, si fatica a controllare lo stupore, ci si interroga sulla “diversità” di questi due giganti - in senso letterale - di una partita, Napoli-Milan atto primo, che sarà soprattutto la loro.
Da brividi
Metti Osimhen come centravanti contro Maignan che sta in porta e ti prepari a stropicciarti gli occhi, consapevole di essere al cospetto di fuoriclasse persino inquietanti nel proprio genere, con quell’atletismo che travolge ed un’eleganza che sa essere innata o anche no, perché poi dello stile in certi casi si può fare a meno. Quando Maignan è uscito, guarda un po’ proprio dopo Milan-Napoli dell’andata, la sera in cui Osimhen non c’era e però ci pensarono Politano e Simeone a rovinargli la cena, il Diavolo aveva ancora una sua vita regolare: e vabbé era la settima, ma quella fu pure la prima sconfitta e il distacco di tre punti dalla capolista poteva dir niente, mica tutto come adesso che ce ne sono venti in più. A volte si ha il sospetto che dietro alcune affermazioni si nascondano certe leggende metropolitane, poi vai a leggere negli armadi e ci trovi le prodezze, mica gli scheletri: Maignan ne ha presi dodici, secondo le cosiddette previsioni ultramoderne, gli xG, due in più di quanti avrebbe dovuto subirne, però nelle lenti di ingrandimento della tecnologia sono rimaste diciannove (19) parate decisive. Sarebbe stata una catastrofe per Pioli, che con 36 reti subite ha già abbondantemente superato le 31 rimediate nel campionato scorso, quello dello scudetto. Non è colpa di Tatarusanu, ovvio, che Maignan rientri ormai di diritto tra gli interpreti più moderni d’un ruolo che ha bisogno anche di altro: ma al francese, che con i piedi ci sa fare eccome, non mancano certo le mani, altroché, particolare sempre d’assoluto rilievo per definire un (grande) portiere.
Supermehn
Ci sono tredici avversarie di questa stagione esemplare alle quali Osimhen ha imposto la propria legge, quella del più forte: ventuno reti non nascono così per caso, dall’oggi al domani, nascondono in sé una evoluzione (dieci nel suo primo campionato di serie A; quattordici nel secondo), e raccontano pure un’avidità ch’è nei fatti, una bulimica voglia di spingersi oltre anche gli xG, che gliene avevano accordati “appena” sedici. Ma lui, niente, di testa, di destro, di sinistra, a campo aperto, in quei sedici metri intasati come a San Gregorio Armeno nei giorni che precedono il Natale. Osimhen ha imbandito il tavolo - ci sta sopra tutto: la torta, la pizza - e sta allestendo la festa. Però domenica c’è Maignan: provare a chiedere all’irlandese Collins potrebbe anche essere una buona idea da offrire a Osimhen. Perché gli opposti, si sa, si attraggono...