NAPOLI - Neanche il tempo di saccheggiare la Treccani, spingendosi a rileggerla fino a Marte, e ci si ritrova così, con un pugno di vocaboli tra le mani: la squadra che nel Terzo Millennio disegna un calcio stellare, che sembra Invincibile, che nasconde in sé un football futurista, che disegna sogni e anticipa scadenze, improvvisamente s’è perduta in una notte cupa - mica tempestosa - avvolta nelle trappole e nelle nuvole di fumo che Maurizio Sarri ha sparso qua e là. Succede, e c’è da farsene una ragione, scovando l’energia alternativa per riattivare tutti i circuiti isolati dalla Lazio: però è una stata una serata un po’ così, valgono i meriti (enormi) degli avversari e la normalità che improvvisamente s’è impadronita degli Extra Terrestri, ha disossato le statistiche, riducendo sensibilmente gli xG (0,89), le conclusioni in porta (2 e su una c’è voluto il prodigio di Provedel), tacitando Osimhen (fermatosi su una traversa) e poi bruciando il ritmo.
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Keep calm
In realtà, non è cambiato nulla, né lo stato di benessere né la sgargiante allegria ch’è figlia d’una condizione surreale, con quell’abisso che separa dal resto del “proprio” Mondo: però, prima che si profili anche una sola briciola di tensione, Spalletti s’è già industriato a travestirsi da elettricista, svestendosi della tuta da fabbro. «Abbiamo palleggiato nella maniera più sporca di sempre e lo abbiamo fatto senza la necessaria pazienza. Forse ci è mancata anche la solita qualità, ma certo non siamo stati presuntuosi e ci abbiamo anzi messo anche molta voglia e anche parecchia applicazione. Una partita storta». La prima nel giardino di casa, la seconda in sette mesi cinematografici, dettagli che però non restano adagiati nell’anticamera dei pensieri, perché quando una partita finisce, Spalletti un’altra ne ha già cominciata a giocare.
La scossa
Il Napoli ha perso una volta in Champions (a Liverpool), due in campionato (a San Siro contro l’Inter e con la Lazio), una in Coppa Italia, con la Cremonese (ai rigori); e nel suo incedere incontenibile, una specie di marcia trionfale incurante del rumore del nemico, ha poi dovuto rallentare in campionato a Firenze e con il Lecce. Per uscire dagli equivoci andò a vincere all’Olimpico, contro la Lazio di Sarri, in rimonta dall’1-0 di Zaccagni all’1-2 con Kim e Kvara; il 2-0 indolore a Anfield fu cancellato con un altro blitz imperioso, stavolta a Bergamo, pure quella volta scuotendosi dopo l’1-0 di Lookman e sistemandola con Osimhen ed Elmas; il timore di aver riaperto il campionato a Milano venne anestetizzato immediatamente a Marassi, contro la Samp, ancora Osimhen ed Elmas, l’inizio d’una striscia travolgente, le otto vittorie consecutive, interrotta da Sarri; e per scacciare via la delusione, quella sì, con la Cremonese, ci volle lo 0-2 nel derby di Salerno, Di Lorenzo e ancora Osi.
Messa in sicurezza
Nei duecento giorni che vanno dal debutto di Verona alla sconfitta con la Lazio, il Napoli non ha mai seriamente vissuto una crisetta, né apparente e né passeggera, s’è spinto oltre limiti umani, con disinvoltura ha separato se stesso da qualsiasi altro pretendente al trono ed ha quasi messo in sicurezza uno scudetto che Spalletti evita di citare per cautela, una forma di prudenza che appartiene agli uomini di calcio: «I tifosi ci staranno vicini, non ci aspetteranno all’arrivo. Non bisogna dar retta a quelli che ci vogliono far alzare le mani dal manubrio». Ma il traguardo sta sempre lì.