E meno male che non passava il pallone. Ieri ne ha serviti due a Victor Osimhen: uno di testa, la classica spizzata; l'altro di destro, dopo un'azione sontuosa. La Lega Serie A gliene riconosce cinque in campionato, eppure i suoi assist sono sette. Poco importa. E altri tre in Champions fanno dieci. En passant, ricordiamo che ha anche segnato sei reti in Serie A (senza rigori) e due in Coppa (lì con un rigore). Ma se dovessimo cominciare a elencare i primati di questo giocatore straordinario, se ne andrebbe tutto lo spazio a disposizione. Il New York Times lo ha definito selvaggio. Noi aggiungiamo chirurgico. Kvara si aggira per il campo - finalmente non è più solo ancorato alla fascia sinistra - con l'atteggiamento dello specialista. Fiuta l'aria, si guarda attorno e capisce dove c'è la possibilità di operare. Incombe con la sua sagoma inconfondibile. Come ha mostrato in occasione del secondo gol di Osimhen. Si è trasferito a destra, è entrato in area, ha giocato con Maxime Lopez come si fa nei cortili di scuola. Con assoluta nonchalance. Victor ha dovuto solo fare da battimuro per segnare il 2-0.
Come Alì
Kvicha è uno dei calciatori che più si avvicina al motto di Muhammad Alì: "Pungi come un'ape, vola come una farfalla". Chissà dal Canada e dalla Turchia cosa staranno pensando Insigne e Mertens eroi della folle estate di contestazione napoletana. Quando Kvicha era Kvarachi o Kvaraquello. Diffcilmente si sarebbero aspettati di essere rapidamente scalzati nelle gerarchie dei tifosi. Può mai essere che la Georgia sforni un calciatore formidabile? Sì, può succedere. E il Maradona si sta trasformando in una succursale del paese che diede i natali a Stalin: ieri erano tanti i georgiani nello spicchio di Curva A inferiore.
Freddo
Siamo ai confini del fuoriclasse. È presto per dirlo. Ma è presto solo perché non ha ancora giocato partite realmente decisive, quelle che ti fanno tremare le ginocchia. È questione di tempo. Perché fin qui Kvicha non ha mai sofferto i match importanti. Anzi. A Milano, contro il Milan, ha decimato la difesa di Pioli a suon di ammonizioni. A Roma, contro la Lazio di Sarri, fu lui a suonare la carica con quella ruleta su Luis Alberto e successivo palo, per poi segnare il 2-1. Kvaratskhelia non fa differenza. Non ha bisogno di avversari modesti per mettersi in mostra. A Liverpool non sono per nulla contenti di rivederlo martedì sera dopo averlo conosciuto a settembre a Fuorigrotta nella notte dei quattro gol. Non ha ancora compiuto 22 anni, con buona pace dei teorici dell'esperienza. I grandi campioni non hanno età, lo sono già nella culla.
Un diamante
Spalletti se lo tiene stretto. Non possiamo dire che pubblicamente se lo coccoli, non è nel suo personaggio. Il collettivismo innanzitutto. Anche ieri, dopo averlo elogiato, non ha resistito a un minimo appunto: «Kvaratskhelia è perfetto, sa fare tutto, è un bravissimo ragazzo, anche stasera ha rincorso il suo avversario, ha fatto bene. A volte gli attaccanti non danno importanza a un contrasto vinto, a un recupero di posizione che permette ai compagni di avere meno spazi da coprire e quindi rendere più semplice il possesso della palla». Luciano è fatto così: un po' Lobanovski un po' sergente maggiore Hartman, ma ne ha viste troppe per non sapere che quel ragazzone col numero 77 potrebbe mettere a tacere l'esercito degli «Spalletti è bravo ma in fondo non ha mai vinto niente, almeno in Italia». È ben consapevole di avere un diamante tra le mani.
La tecnica
Perché sì, il calcio è organizzazione, ma è decisamente meglio avere Kvara invece che un altro ad addomesticare con l'esterno del piede il passaggio di Mario Rui. Così la partita va 3-0 e tanti saluti al Sassuolo. E alle inseguitrici.