Ha scassato il Milan, poi lo ha attirato in trappola e ha creato le premesse per la vittoria del Napoli: così a ventun anni Kvaratskhelia ha fatto sua la leadership del campionato. La prestazione del georgiano, meno appariscente di altre, è in realtà la chiave di volta della gara. Nel primo tempo ha costretto all’ammonizione i due guardiani che Pioli gli aveva messo addosso, Kjaer e Calabria, inducendo il tecnico rossonero a sostituirli. Nella ripresa ha ingannato Dest con una di quelle finte, tutte sue, che scatenano nell’avversario il riflesso condizionato del fallo, e ha messo sul dischetto degli undici metri la palla del vantaggio. La fantasia del talento di Spalletti è ciò che manca al Milan orfano di Leao per necessità, e orfano di Brahim Diaz per una scelta tattica che, a posteriori, non si rivelerà felice. Alla fine il verdetto di questo prologo della lotta scudetto dice che il Napoli può fare a meno della potenza di Osimhen, anche se la sua assenza si sente, eccome! E costringe gli azzurri a rinunciare al contropiede e ad allungarsi con maggiore fatica. Ma dice anche che il Milan senza il portoghese è una squadra potente e veloce, e tuttavia in deficit di genio.
Il risultato è bugiardo, se riferito alle occasioni da gol, che sono di più per i rossoneri. Ma è sacrosanto in rapporto al dominio tattico della gara, che il Napoli ha fatto suo dopo aver lasciato sfogare il Milan per la prima mezz’ora. Il trio Lobotka-Anguissa-Zielinski è salito in cattedra, coadiuvato da uno straordinario Mario Rui, che sulla fascia sinistra ha fatto la differenza, tanto in interdizione, quanto in costruzione. La performance del regista slovacco è un crescendo rossiniano: nei primi quindici minuti sembra soccombere al pressing alto di De Ketelaere e del centrocampo rossonero, guidato da un ottimo Tonali, poi lentamente sale sul podio e dirige l’orchestra, finendo per giganteggiare nel finale anche nei contrasti con i più aitanti avversari.
Spalletti però ha peccato di presunzione, immaginando di sostituire Politano, prezioso anche in copertura su Theo, con Zerbin, affidandogli un compito troppo grande per un quasi esordiente. E ha rischiato di pagare caro l’azzardo: le due occasioni che hanno messo il Napoli in ginocchio nel finale, quella del gol di Giroud e quella della traversa di Kalulu, nascono dalla mancanza di filtro e dalle ingenuità del giovane esterno azzurro.
Da San Siro il Napoli porta a casa non solo i tre preziosi punti che lo proiettano in testa alla classifica - nel giorno in cui perdono insieme Milan, Juve, Inter e Roma -, ma soprattutto il carattere di fronte alle sfide più impegnative, che è stato per anni una mancanza sofferta. Nella scorsa stagione, alla settima giornata, il Napoli veleggiava a 21 punti in cima al campionato, quattro in più di oggi, e tuttavia non c’è dubbio che questa squadra, più giovane, priva di campioni come Koulibaly, Insigne, Fabian Ruiz e Mertens, mostra una inedita capacità di assorbire i momenti di crisi, senza smarrirsi. Questa risorsa, sommata alla straordinaria dotazione tecnica e alla varietà tattica del ricco repertorio di Spalletti, candida finalmente il Napoli alla lotta per il titolo.
È tempo di giochisti. In Italia si vince con la tattica e con la fantasia, perché nessuna squadra, eccetto forse l’Atalanta, è in grado di sviluppare agonismo e velocità per novanta minuti. Così è determinante il peso che hanno nel successo i talenti. Kvara su tutti, ma non solo. Guardate che cosa può fare un fantasista come Deloufeu, messo al centro di una diligente comitiva di potenti corridori. E guardate quanto pesano la temporanea assenza di Dybala sulla Roma e il disperato rimpianto di Dybala sulla Juve.