Praticamente quasi senza farsene accorgere e con l’effetto anestetizzante del mercato open, Aurelio De Laurentiis ha smontato il Napoli, l’ha svuotato anagraficamente, l’ha ripulito economicamente, ne ha rimosso la struttura portante (Ospina, Koulibaly, Mertens, Insigne e fra poco Fabian Ruiz; portiere, centrale, bomber, regista esterno e poi anche il mediano-regista), ha reciso i contratti che sanguinosamente soffocavano (più o meno, aggiungendoci Ghoulam e anche Manolas, salutato a dicembre, una cinquantina di milioni di euro) ed ora ha sette giorni, al massimo ventitré, per dare un senso compiuto alla rivoluzione. Nell’agenda delle urgenze, interventi immediati, c’è la necessità di arrivare a due portieri, avendo deciso ormai di rinunciare a Meret, e di arricchirsi di talento offensivo in tenera età assorbendo i colpi di Raspadori: ma Parigi, viste le procedure, varrà bene un’altra mossa e in quel centrocampo che, volendo, potrebbe anche virare di nuovo verso il 4-2-3-1, sarà necessario e anzi indispensabile non solo aggiungere un uomo ma pure un po’ di qualità.
Il Napoli attuale è «incompleto» (cit. Spalletti) e l’onesta affermazione non può entrare nel dettaglio, nella cifra tecnica di una squadra che perduta leadership, fisicità, autorevolezza e quindi padronanza del palleggio, visione frontale, centrale e periferica, naturalezza nelle situazioni più scabrose. Che giochi a due, in mezzo al campo, o che decida di restare a tre, a Spalletti, nel completamento di un organico che senza Fabian smarrisce il senso plastico della manovra, la sua illuminazione e pure la velocità di pensiero, va concessa la possibilità di avviare il processo di ricostruzione - che ha chiaramente i suoi tempi - pure attraverso l’ispirazione di un ideologo che sappia offrire tempi e anche temi di gioco, che veda lungo e persino corto, che faccia correre il pallone ancor prima che le gambe, che assista Lobotka, lo affianchi, eventualmente lo assecondi o ne diventi l’alter ego dentro una filosofia che non preveda più calcoli ma semplicemente garanzie di poter pensare che dentro al Napoli ci sia un progetto proiettato nel futuro e che non debba sopravvivere nel rimpianto del recente passato portato via a peso.