Prima di fasciarsi la testa, e semmai anche di rompersela, il Napoli sembra divertirsi a sistemare davanti a sé gli spigoli contro i quali andare a sbattere: e nell’estate in cui chiunque se ne potrebbe stare ad ondeggiare fantasticando nelle notti magiche della Champions, che luccicano d’emozioni e non esclusivamente d’oro, l’impegno principale rimane l’esigenza di scansare il pericolo. In sintesi, portandosi avanti il lavoro, il Napoli ha provveduto a dare una rinfrescante spazzolata al bilancio, ha ridotto (sensibilmente) il monte-ingaggi, ha persino anticipato il mercato con Kvaratskhelia e Olivera, s’è ripreso Anguissa un po’ insolentito e poi si è lasciato travolgere da un boomerang - l’insofferenza ambientale - lanciato da se stesso, da quell’inguaribile forma di verbosità o dalla (chissà quanto) strategica volontà di far chiarezza, d’essere frontali, limpidi, sinceri il giusto e con il doveroso rispetto per la riservatezza.
Insomma, quanto basta per non avvelenare i pozzi. E invece nell’aria s’avverte il malessere di chi, dopo aver dovuto accettare il congedo di Insigne, ha dovuto scoprire con modalità (in)solite dell’addio di Mertens, non semplicemente il bomber dal punto di vista statistico più esaltante della Storia del Napoli. Ma non è finita qua, perché intanto, pur riconoscendo al Napoli attuale un valore assoluto rispettabilissimo, dentro il cosiddetto “progetto” restano un paio di nobilissime perplessità, ciò che spinge a deambulare sul ciglio della preoccupazione: Ospina s’è dissolto, e vabbè ci sta che si abbia fiducia in Meret e nel suo talento soffocato; ma tra 378 giorni - dunque a giugno dell’anno che verrà - Koulibaly e Fabian Ruiz saranno liberi di mettersi in proprio, spalancandosi al mondo a costo zero, lasciando due voragini in difesa e a centrocampo e quel retrogusto amarissimo ch’è anche la scia di una disaffezione indiscutibile, che non è esclusivamente né social né di pancia, ma è un fatto che va separato dall’opinione perché c’è nebbia all’orizzonte.
De Laurentiis non ha mai inseguito il consenso, semmai l’esatto contrario, ha diffuso picconate al vento che finiscono per diventare divisive e indifferenza nei confronti del dissenso. Ma il calcio continua ad essere un terribile, amabile sentimento che andrebbe semplicemente innaffiato non di promesse o di regalie dal mercato ma d’un clima familiare o anche banalmente cordiale, un sorriso, una carezza a Mertens che se ne va. Mentre invece, se dovesse scendere un marziano su Napoli, sarebbe giusto che si chiedesse: ma cosa sta succedendo, veramente qui ci sarà la Champions o mi state prendendo in giro?