La maturità del Napoli 2

La maturità del Napoli 2© EPA
Alessandro Barbano
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Il sacco di Varsavia è l’esame di maturità del Napoli due. Averlo superato a pieni voti è per Spalletti un risultato che va al di là attese. Non solo perché proietta gli azzurri in cima alla classifica di Europa League e di serie A, ma perché certifica l’affidabilità dei rincalzi. Con la Coppa d’Africa che si para alla distanza di due mesi, e che sottrarrà al tecnico alcuni dei migliori, è una rassicurazione preziosa.

Il Napoli senza Insigne, Osimhen e Fabian Ruiz fa fatica ad affondare per tutto il primo tempo, subisce ingenuamente un gol a freddo ma tiene il pallino del gioco, soffre senza capitolare, anche grazie a un pizzico di fortuna, poi, quando la fatica fiacca i legnosi avversari, ribalta il risultato con due rigori. E a dilagare ci pensa il Napoli tre, fatto dei rincalzi dei rincalzi. Che dimostra quanta qualità ci sia nello spogliatoio di Castelvolturno.

Ounas è l’alter ego di Insigne, e aspetta solo di avere una chance per mettere in mostra il suo ricchissimo potenziale tecnico. Mertens è finalmente uscito dalla lunga convalescenza, e lo mostra con il geniale corridoio che propizia il gol di Lozano. In questa squadra non può giocare prima punta, ma non per questo non sarà utile. Demme e Lobotka sono gli onesti centromediani che avevamo lasciato, ma una cosa è giocare al fianco di Bakayoko, un’altra è avere Anguissa che ti copre le spalle e, all’occorrenza, ti surroga in regia, con il dono di un’ubiquità fatta di grande condizione atletica ma anche di saggezza tattica.

Petagna è orgogliosamente la brutta copia di Osimhen, ancorché con almeno cinque chili di troppo. Ha preteso di restare in azzurro ed è stato accontentato, allora dimagrisca come tocca a un atleta, perché Spalletti avrà ancora bisogno di lui. A cavallo tra il Napoli uno e il Napoli due c’è Lozano, il più forte degli azzurri nell’uno contro uno. In partite come quella di Varsavia un giocatore come il messicano vale oro, non solo perché buca la ragnatela avversaria come pochi sanno fare, ma perché il suo gioco allunga la squadra e infonde coraggio.

Il palleggio senza un’alternativa di profondità è un torello lezioso. Per vincere in Europa, ma anche in Italia, bisogna avere la possibilità di cambiare schema. Vuol dire disporre di un repertorio ampio di soluzioni tattiche, soprattutto sulle fasce. Per comprenderlo basterebbe confrontare il volume di gioco sviluppato dal Napoli sulla fascia destra con quello sulla fascia sinistra: Lozano e Di Lorenzo hanno costruito le giocate migliori, Elmas non è riuscito a fare altrettanto, e Juan Jesus neanche ci ha provato. Il macedone deve avere più coraggio se vuole avere spazio in questo gruppo.

Resta da segnalare che i gol segnati hanno ridato fiducia a Zielinski, freddo ieri nel mettere in porta il rigore, ignorando la provocazione del portiere avversario. Non è ancora il leader capace di prendere la squadra sulle spalle, quale ci si aspetterebbe da un atleta dotatissimo ma con un limite puramente mentale. Ma è in ripresa, e questo è già per Spalletti un buon segnale. Il primo posto in campionato e in Coppa è una responsabilità inedita per questo gruppo. Ma le performance degli azzurri la legittimano pienamente. Non solo per il ruolino stagionale di dodici vittorie, due pareggi e una sola sconfi tta, e di trentaquattro gol fatti e nove subiti. Ma per il dominio del gioco che è, in casa e fuori, una costante di quasi tutte le gare del Napoli. Il possesso palla non garantisce che la vittoria arriverà, ma certifi ca che si vuole a ogni costo, perché è nella logica dei rapporti di forza in campo. Si chiama carattere, ed è per gli azzurri una felice scoperta.


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