NAPOLI - Ora che ci sono (praticamente) due squadre, si può persino sussurrare ventitré per dimostrare di sentirsi bene: ci sono due squadre, si possono smontare e poi ricostruire, cambiarle d’abito e soprattutto di prospettive, e risistemare la Champions al centro del villaggio. Hanno messo anche i centimetri dove mancavano, li hanno aggiunti alla imponente massa muscolare già in dotazione, c’è persino da specchiarsi nella Grande Bellezza che resiste all’usura del tempo: se non bastasse un Napoli, volendo, ce ne sarebbe comunque un altro, e potrebbe restare nella sua stessa natura, riempiendosi di quella fi sicità che temeva non le appartenesse mai.
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A tutto Gasp
Un mediano come Bakayoko non c’è mai stato, uno così alto e quindi solido, una quercia alla cui ombra riparare nei momenti complessi di una partita e di una stagione. È il sesto centrocampista che mancava, quello utile per potersi poi sbizzarrire nel gioco delle coppie o anche nella evoluzione di un'idea che fosse diversa eppure simile a quella preferita: si può continuare con il 4-3-3 o anche rischiare di svilupparsi attraverso la copertura di due centrocampisti, utile per liberare la fantasia e la spregiudicatezza che abbonda in attacco. Bakayoko rappresenta la «novità», ed è anche gustosa, si direbbe sontuosa, l’anello di congiunzione tra il passato più recente e il futuro più immediato che il 17 ottobre, quando il pallone si rimetterà a rotolare, verrà racchiusa in Napoli-Atalanta, mica una partita qualsiasi, e nella capacità di avere un interditore per fronteggiare la furia abbagliante e seducente del Gasp. [...]
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