Milan, il peccato originale

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Franco Ordine
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Chi s’interroga sull’eruzione del mondo Milan fa risalire la responsabilità al licenziamento di Paolo Maldini, avvenuto dopo il 5° posto in classifica (Champions poi guadagnata grazie alla penalizzazione Juve) e la semifinale di Champions League. Il riassunto completo delle puntate precedenti invece s’incarica di completare la parziale ricostruzione. Il peccato originale infatti non fu solo il primo, traumatico, provvedimento ma quello successivo: e cioè la mancata sostituzione di una figura di garanzia del peso di Maldini e di un ds di provata abilità (Ricky Massara). Cardinale ridusse la catena di comando al trio Furlani-Moncada-Pioli pensando che la presenza del tecnico di Parma (nell’intenzione di Maldini da cambiare con Pirlo o Palladino; ndr) lasciando scoperto il fronte tifosi, il lato più sensibile, avrebbe colmato la lacuna. Durante la precedente gestione Elliott c’era già stato un altro traumatico divorzio, da Boban, ma in quella occasione la presenza di Maldini avanzato di posizione, fu garanzia per il mondo Milan. Ne divenne conferma pubblica la reazione collettiva dinanzi alla scelta di Marco Giampaolo come successore di Gattuso esonerato dopo appena 7 turni: non ci furono rivolte di piazza né di curva perché a rispondere della scelta c’erano due garanti, Boban e Maldini appunto. 

A luglio scorso è arrivato Ibra, con un ruolo inedito - socio del proprietario - senza conoscenza del ramo tanto che pescò il ds per Milan futuro (Jovan Kirovski) a Los Angeles mentre la casella di ds della prima squadra fu occupata da D’Ottavio già nei ranghi del settore giovanile. Di seguito, a scavare la frattura, ha provveduto la scelta dell’allenatore: se sono liberi Conte, Sarri, De Zerbi, Allegri e punti prima su Lopetegui (scartato per insurrezione popolare) e poi Fonseca, allora vuol dire che ti condanni ad avere risultati soddisfacenti per evitare la grandinata di critiche. Infine la recente “sparata” di Fonseca ha finito con lo scoperchiare l’armatura che proteggeva lo spogliatoio, coccolato ai tempi di Pioli fino a creare una comfort zone (la frase di Leao dopo lo 0 a 0 col Genoa è molto istruttiva: «Pareggiare non è la fine del mondo!») e fatto esplodere l’insoddisfazione della curva sud che ha puntato striscioni e cori su Cardinale mandando di traverso il compleanno numero 125 dei rossoneri e la festa di lunedì sera. Infine, un paio di mosse sul mercato estivo hanno ingigantito lo scetticismo generale (il prestito di Kalulu alla Juve e l’arrivo di Morata in sostituzione di Zirkzee).  
In questo clima di palese sfiducia collettiva persino le trattative avanzatissime o già concluse per i rinnovi contrattuali di Maignan, Reijnders, Pulisic, Fofana e anche di Theo Hernandez invece di fornire qualche rassicurazione sul futuro hanno finito col provocare velenosi commenti. Per chiudere: anche l’Inter è finita nel portafoglio di un fondo americano, Oaktree, ma la sua prima mossa è stata quella di valorizzare la figura di garanzia (Marotta presidente) schierando un paio di mastini a controllare i conti e gestendo direttamente la comunicazione istituzionale per riaffermare le nuove linee societarie.  


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