A luglio scorso è arrivato Ibra, con un ruolo inedito - socio del proprietario - senza conoscenza del ramo tanto che pescò il ds per Milan futuro (Jovan Kirovski) a Los Angeles mentre la casella di ds della prima squadra fu occupata da D’Ottavio già nei ranghi del settore giovanile. Di seguito, a scavare la frattura, ha provveduto la scelta dell’allenatore: se sono liberi Conte, Sarri, De Zerbi, Allegri e punti prima su Lopetegui (scartato per insurrezione popolare) e poi Fonseca, allora vuol dire che ti condanni ad avere risultati soddisfacenti per evitare la grandinata di critiche. Infine la recente “sparata” di Fonseca ha finito con lo scoperchiare l’armatura che proteggeva lo spogliatoio, coccolato ai tempi di Pioli fino a creare una comfort zone (la frase di Leao dopo lo 0 a 0 col Genoa è molto istruttiva: «Pareggiare non è la fine del mondo!») e fatto esplodere l’insoddisfazione della curva sud che ha puntato striscioni e cori su Cardinale mandando di traverso il compleanno numero 125 dei rossoneri e la festa di lunedì sera. Infine, un paio di mosse sul mercato estivo hanno ingigantito lo scetticismo generale (il prestito di Kalulu alla Juve e l’arrivo di Morata in sostituzione di Zirkzee).
In questo clima di palese sfiducia collettiva persino le trattative avanzatissime o già concluse per i rinnovi contrattuali di Maignan, Reijnders, Pulisic, Fofana e anche di Theo Hernandez invece di fornire qualche rassicurazione sul futuro hanno finito col provocare velenosi commenti. Per chiudere: anche l’Inter è finita nel portafoglio di un fondo americano, Oaktree, ma la sua prima mossa è stata quella di valorizzare la figura di garanzia (Marotta presidente) schierando un paio di mastini a controllare i conti e gestendo direttamente la comunicazione istituzionale per riaffermare le nuove linee societarie.