Milan, non all’altezza del grande passato

Leggi il commento sul pareggio a San Siro nella serata della festa per i 125 anni di storia
Milan, non all’altezza del grande passato© LAPRESSE
Franco Ordine
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Mai vista una festa così triste. E non solo perché vedere con i capelli bianchi i campioni di ieri, di quel Milan padrone del campo e del gioco (definizione di Arrigo Sacchi), capace di collezionare coppe e trofei portati in processione da un bel numero di glorie rossonere, fa sempre un certo effetto. E magari anche un pizzico di malinconia. Ma poi è il clima della serata di San Siro a infondere una tristezza infinita. E dev’essere questo timore a suggerire, probabilmente, al proprietario Gerry Cardinale di restarsene negli Usa per non fare i conti con una insoddisfazione diffusa che sta diventando disaffezione e che alla fine monta in un concerto di fischi e di improperi. Compare infatti uno striscione polemico pubblicato dalla curva sud, poi per qualche fischio appena inquadrano il faccione di Ibra, infine per la qualità calcistica discutibile offerta al cospetto di un Genoa semplicemente ordinato e razionale che sa difendere con disciplina quasi militare la sua metà campo e poi la sua area di rigore, è tutto meritato. Qualche applauso va ai due ragazzini schierati da Fonseca, Liberali e Jimenez. Lo spagnolo sembra più pronto perché ha personalità, coraggio e anche una cifra tecnica apprezzabile specie nella prima frazione a caccia di gloria e di un episodio col quale fotografare il suo evento personale. Liberali s’infila una volta in area, poi palleggia girando intorno al fortino genoano senza lasciare un segno fino alla sostituzione con Camarda, il terzo esponente di Milan futuro utilizzato in una serata che sembrerebbe segnare il passaggio da una generazione all’altra.

E invece forse segnala che al di là di qualche atteggiamento sbagliato, di qualche pigrizia e magari anche di qualche vecchia abitudine risalente alla vecchia gestione, nel Milan di questi giorni pronto a rinnovare il contratto di tre esponenti (Maignan, Reijnders e Pulisic), sono deludenti le prestazioni di Abraham e dello stesso Chukwueze, che non trovano spazio e nemmeno tempo per far risaltare la differenza rispetto ai ragazzi di Milan futuro. E forse nemmeno l’intemerata di Fonseca produce effetti virtuosi se poi la produzione offensiva (in assenza di Pulisic) diminuisce pericolosamente partita dopo partita. La traversa di Morata è un episodio e non può spiegare da solo tutta la serata alla vana ricerca di uno sbocco, di un numero, di una giocata capace di aprire la scatola difensiva del Genoa. Anche Leao, nell’occasione pedinato da un paio di sentinelle, non può fare tutto da solo come gli riuscì ai bei tempi dello scudetto, sospinto da una forza speciale. E qui non ci sono più questioni psicologiche, non ci sono più Calabria e Theo a fare da parafulmini. Qui è Fonseca che deve rispondere ancora una volta di un calcio modesto e poco efficace.


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