Le mosse di Fonseca il freddo

Leggi il commento sul tecnico rossonero che ha vinto il derby
Le mosse di Fonseca il freddo© LAPRESSE
Alberto Polverosi
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Il Milan aveva una triplice difficilissima missione. E le ha centrate in pieno, tutt’e tre. La prima: non poteva perdere, ma ha fatto di più, molto di più, nonostante avesse di fronte un avversario che qualche giorno prima aveva fermato il Manchester City. La seconda: doveva dimostrare di essere una squadra sana e anche qui mica era semplice dopo che era stato strapazzato da Liverpool: il Milan è riapparso in piena salute. La terza: doveva restituire dignità al suo allenatore, criticato duramente in questo complicato inizio di stagione ed è stato proprio Fonseca, con scelte di coraggio, a riconquistare la stima dei milanisti in una sola notte. Interrompere con una vittoria meritata la serie di 6 sconfitte di fila nel derby lo spinge in una situazione di grande serenità.  
Un derby con gol banali è un derbyno. Questo non lo è stato. Pulisic lo ha segnato aprendo in due una delle difese più forti d’Europa, come sa bene Guardiola; la rete di Dimarco non è stata inferiore per bellezza ed esattezza, da un cambio campo di Barella, un destra-sinistra che ha raggiunto proprio Dimarco, poi Lautaro e infine messo ancora Dimarco nella posizione ideale per quel suo mancino da paura. E anche il balzo finale di Gabbia è stato impressionante. Non abbiamo visto un derbyno soprattutto se lo raffrontiamo a un’altra partita di vertice, giocata il giorno prima, Juve-Napoli. Di governo Thiago Motta-Conte, di lotta Inzaghi-Fonseca. 
Era la solita Inter come formazione, ma non come spirito, come aggressività, come compattezza. Col City un gol come ha fatto Pulisic non lo avrebbe mai preso. E infatti, non a caso, prima di incassare quella rete, Inzaghi si era rivolto verso la sua panchina per dire che “stiamo dormendo”. Come formazione, invece non era il solito Milan. E nemmeno come carattere, come applicazione, come forza. Forse Fonseca l’ha costruito pensando a se stesso, alle sue difficoltà, alle critiche di banalità che stava ricevendo da ogni parte, così ha mostrato il petto e schierato tutti insieme Pulisic e Leao sugli esterni, e Morata dietro ad Abraham. Morata è un giocatore intelligente, ha capito come e dove mettersi, intorno a Calhanoglu. Su un punto l’Inter e il Milan si potevano accomunare anche ieri sera: Morata e Lautaro sono attaccanti che sanno giocare per la squadra, che pensano alla squadra, che lavorano per la squadra. Morata rompendo le scatole a Calhanoglu, Lautaro creando le occasioni migliori compresa quella del gol.  
Era solo la quinta giornata, ma al di là del Torino capolista, i 10 punti del Napoli e i 9 della Juve rappresentavano già un piccolo, piccolissimo vantaggio. Un anno fa l’Inter partì con 5 vittorie in 5 giornate (alla quinta segnò proprio Dimarco a Empoli), adesso ha già pareggiato due volte e ha perso il derby. L’Inter che insegue è una notizia. Ma più dei nerazzurri aveva molto da perdere il Milan: l’allenatore. Invece Fonseca ha messo in campo l’idea vincente. A inizio ripresa è rimasto in giacca e maglietta mentre Inzaghi si è tolto giacca e cravatta. Simone sudava (freddo) a vedere l’Inter incassare una palla-gol dietro l’altra. Solo Sommer l’ha salvata dal naufragio. E mentre Inzaghi dopo un’ora ha dato il via ai cambi (togliendo peraltro troppi centimetri all’Inter), non soddisfatto di quanto stava accadendo a San Siro, il portoghese è rimasto freddo, ha aspettato ancora e ha vinto con una delle due scelte coraggiose: gol di testa di Gabbia che giocava al posto di Pavlovic.  

 


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