Come volevasi dimostrare, il problema del Milan non era Ibrahimovic, dove fosse Ibrahimovic, che cosa facesse Ibrahimovic, perché in tribuna non ci fosse Ibrahimovic. Il problema del Milan era che nelle prime tre giornate del campionato il Milan non aveva fatto il Milan, racimolando solo due punti e molta delusione. La differenza rispetto alla partita con la Lazio - e ancora e molto di più rispetto alla sconfitta di Parma - si è vista, eccome, contro il Venezia. Guarda caso, dopo soli 90 secondi, Theo ha segnato su tacco di Leao e proprio i due ribelli dell’Olimpico hanno spianato la strada del rotondo successo sui lagunari. Se il Milan ha vinto, Fonseca ha stravinto, azzeccando tutte le mosse, alla quarta formazione diversa consecutiva: Pavlovic e Gabbia coppia centrale, Reijnders piazzato al centro della manovra, Loftus-Cheek e Fofana mediani di spinta, Abraham sempre più rossonero, al debutto da titolare e a segno su rigore, dopo avere procurato il penalty precedentemente trasformato da Pulisic. Il Venezia ha fatto ciò che ha potuto, ma l’espulsione di Nicolussi Caviglia nella ripresa gli ha irrimediabilmente precluso ogni chance di opposizione al dilagante avversario. Come sempre, a fare la differenza sono le motivazioni: i rossoneri ne avevano a bizzeffe, dopo i giorni arroventati vissuti durante la sosta, le scorie dell’ammutinamento romano di Theo e Leao, le polemiche pretestuose sul ruolo di Zlatan. Come spesso accade nel calcio, la panacea dei primi mali di stagione è una vittoria, possibilmente larga, sicuramente convincente. Liverpool e Inter capitano a proposito per capire quanto valga questo Milan. Intanto, questa mano di poker è di Fonseca. Se la merita tutta per la resilienza con la quale ha retto l’urto di una contingenza negativa. Superata con la forza della coerenza.