Il Milan pesa il flop Champions: veleno sui social

Perdite economiche, calendario, logorio atletico e precedenti: i 4 motivi che preoccupano il club
Franco Ordine
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Quattro buoni motivi per valutare il “declassamento” del Milan dalla Champions - persa per un dettaglio, 8 punti giusti anche quelli collezionati dalla famosa armata francese del Psg - all’Europa League che ha già aperto un velenoso dibattito sui social. Il primo, as usual, è di natura economico-finanziaria. Secondo calcoli di siti ben informati, i mancati ricavi possono raggiungere la quota di 60 milioni sempre che si consideri un viaggio felice nella fase finale della coppa dalle grandi orecchie. L’Europa League, nel caso di approdo in finale, può garantire un incasso pari a 15 milioni: briciole, come si capisce al volo. Altro elemento: nella precedente Champions, gli incassi di San Siro tra quarti e semifinale contro Napoli prima e Inter poi hanno fruttato cifre record di quasi 9 milioni di euro a sfida. Mica male. Nel caso di specie, i conti del Milan (qui inteso come ultimo bilancio 2023, patrimonio netto in territorio ultra positivo e aumento dei ricavi da sponsor) sono tali da non dover temere nulla di sconvolgente.

Secondo motivo

Il secondo motivo è dato dal particolare calendario cui andranno incontro Pioli e il suo staff: da organizzare ci sarà innanzitutto il turno in più per il ballottaggio (e nel caso fosse estratto il Brighton di Roberto De Zerbi ci sarà da ballare la rumba) oltre alla sequenza giovedì-domenica che non è proprio il massimo. Mercoledì prossimo 20 dicembre conosceremo gli incastri tra anticipi e posticipi decisi dalla Lega di serie A e sarà possibile un esame più approfondito delle difficoltà logistiche. Non va dimenticato che durante la scorsa stagione, la Roma di Mourinho alla quale non si può accreditare una rosa super-competitiva, è stata capace di reggere fino in fondo alla competizione europea perdendo però terreno in campionato e in particolare nella corsa alle prime quattro piazze della classifica.

Terzo motivo

Il terzo motivo è il logorio atletico sul Milan che è stato già flagellato da una striscia inquietante di infortuni muscolari. Pioli e i suoi hanno garantito di aver studiato e portato alcune modifiche ai sistemi di preparazione e in particolare di riammissione all’attività dopo l’accidente muscolare. Ne è una riprova il caso Leao. Il portoghese avrebbe potuto, con la lesione già guarita, partecipare al viaggio a Bergamo contro l’Atalanta, magari partendo dalla panchina. È stato deciso di tenerlo ancora al riparo e di prepararlo invece per Newcastle, con risultati sorprendenti visto il contributo decisivo dato al risultato ottenuto. 

Quarto motivo

Il quarto e ultimo motivo è più flebile, costituito dai precedenti poco esaltanti e dal modesto feeling del popolo dei tifosi per la competizione. L’allergia del Milan alla coppa Uefa, nel periodo berlusconiano, cominciò con l’avvento di Arrigo Sacchi (eliminazione al secondo turno per merito dell’Espanol nell’87-’88 seguita dallo scudetto però), proseguì con Capello (stagione ’95-’95, eliminati dal Bordeaux di Zidane e Dugarry) e si concluse con Ancelotti, il collezionista di Champions ((2 da calciatore, 2 da allenatore) sbattuto fuori una prima volta da Amoroso del Borussia (2001-2002) e poi dal Werder Brema con Ronaldinho in campo. La tradizione conta? Nel calcio sembra avere un qualche peso. E se ci fosse la possibilità di smentire la tesi, beh questa è l’occasione giusta.  


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