Milan, il calcio verticale

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Milan, il calcio verticale© AC Milan via Getty Images
Alessandro Barbano
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Tagspioli

Il calcio verticale accende speranze, spreca energie e non rende ciò che promette. È il Milan degli eccessi e degli errori. L’unica squadra capace di giocare novanta minuti senza fare mai possesso palla. Perché chiunque prende la palla, la butta in avanti e inizia a correre. Piace? Tanto. Funziona? Poco. Perché è vero che con un’età media tra le più basse del campionato puoi anche permetterti di correre a perdifiato dall’inizio alla fine. Ma poi, quando sei in zona tiro, la nebbia ottenebra la visuale e tutto finisce in frittata. È il Milan dell’ardore e della confusione, una squadra eternamente adolescente, che non sembra evolvere mai. È un limite anagrafico, caratteriale o tattico? Forse tutti e tre.

Guardi questa squadra contro i più modesti tedeschi e pensi: come fanno a creare così tanto gioco senza metterla dentro almeno una volta? C’è una precipitazione strutturale nel modulo di Pioli, che finisce per ritorcersi contro. Dipende anche dai singoli, certo. Perché togli Giroud e nessuno dei bravi attaccanti rossoneri ha nei piedi e nella testa il chiodo fisso della porta avversaria. Pulisic, Okafor, Chukwueze sono prestigiatori capaci di nascondere il pallone all’avversario, ma difettano ancora di quella determinazione che fa, di un talento, un campione. Però questo modo di giocare non li aiuta, perché non si vede mai il raziocinio che consenta di liberare qualcuno al tiro nelle condizioni migliori. A centrocampo Musah non è Brahim Diaz e Reijnders è diverso da Tonali. Manca il governo del gioco. E in difesa Tomori, Thiaw e Calabria ballano talvolta da fare paura. Ma anche i loro errori sono figli di questa esasperata verticalità, che è abiura della tattica. Sono tutti lussi che è lecito concedersi, avendo tra i pali un portiere che vale quanto mezza squadra e che in Italia, e forse in Europa, nessun altro ha. Però forse varrebbe la pena di fare una riflessione su questo modulo, che ormai ha un triennio di applicazione e che a mio avviso non evolve come dovrebbe e potrebbe. Pioli non se ne adonti, ma talvolta ti chiedi a che cosa serva l’allenatore in una squadra che gioca in questo modo. Poi, certo, se Leao e Theo se ne vanno, non li prende nessuno. Però bisognerebbe chiedersi se anche queste due risorse sono adeguatamente sfruttate, o se non sia possibile far fruttare di più la loro capacità di sfondamento.  

Il pari di Dortmund non è un disastro, tutt’altro. E riconosciamo che abbiamo fin qui raccontato il bicchiere mezzo vuoto, rinunciando a vedere l’altra metà. Ma proprio perché questa squadra è d’oro, meriterebbe di brillare per quello che vale.  


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