C'è un equivoco che rischia di condizionare il girone di ritorno della Lazio, ma non nasce dalla lettura sbagliata e superficiale del derby. Baroni ha ricostruito nella sua analisi i difetti emersi domenica sera: l’approccio confuso, gli errori commessi per mezz’ora nello sviluppo del 4-2-3-1, la mancanza di ritmo e fantasia sulle fasce, i due gol presi in contropiede nello spazio di diciotto minuti, il ruolo ibrido di Dele-Bashiru, l’assenza di un elemento di raccordo che sapesse cucire la manovra tra centrocampo e attacco, il peso degli infortuni di Pedro e Vecino. Una sintesi che contiene messaggi. Se tornasse indietro, probabilmente, presenterebbe una Lazio con il 4-3-3 per diversi motivi. Guendouzi e Rovella si sono ritrovati sempre in inferiorità davanti a Koné, Paredes, Pellegrini e ai tagli di Saelemaekers. Situazione simile a quella vissuta il 16 dicembre con l’Inter, abituata a fare densità nella zona centrale. L’altro tema riguarda Dele-Bashiru: si esprime meglio nella posizione di mezzala, rispetto a quando deve lavorare da falso trequartista. Lo aveva già dimostrato nella gara con l’Atalanta. Partendo qualche metro indietro, il nigeriano riesce a sfruttare scatto, forza atletica e progressione: diventa meno prevedibile.
La sconfitta con la Roma, però, non è il primo dei problemi. Va analizzata e archiviata con maturità. Il compito più delicato, adesso, è determinare la giusta proporzione tra il quarto posto in classifica della Lazio e le reali potenzialità di questa squadra. Un aspetto delicato, perché può diventare un equivoco pericoloso, un nemico in casa: era già capitato in passato a Sarri. Il nodo riguarda le aspettative generate da un rendimento - in campionato e in Europa League - che ha superato ogni logica previsione e ha mascherato finora le lacune e i limiti strutturali dell’organico. La Lazio ha eliminato il Napoli dalla Coppa Italia e in venticinque partite (Serie A e Uefa) ha conquistato cinquantuno punti. Con eleganza, Baroni ricorda ogni tanto che questo gruppo è solo all’inizio di un percorso. Non cerca alibi e giustificazioni. Era stato il primo, in estate, a mettere pressione a se stesso e ai giocatori, nonostante il direttore sportivo Fabiani avesse parlato di “progetto triennale”.
C’è un ranking di partenza che non va dimenticato. Ora è necessaria un’attenta e costruttiva autocritica da parte della società. Focalizzare in modo corretto lo spessore della Lazio è un passaggio cruciale anche in funzione del mercato di gennaio. Rappresenta la chiave per impostare il prossimo semestre. Il centrocampo è in totale emergenza. Castrovilli rimane un enigma. Cataldi è stato ceduto alla Fiorentina il 30 agosto e il sostituto non è mai arrivato. Su Fazzini si è inserito il Napoli. Elmas sarebbe un’idea interessante: sembra orientato a lasciare il Lipsia. Baroni ha realizzato un lavoro splendido da luglio. Ma nell’ultimo mese, come dimostrano i sette punti raccolti in sei giornate di campionato, ha affrontato una corsa a ostacoli. Nelle sfide con Atalanta e Roma si è ritrovato senza il dinamismo di Vecino, l’uomo degli equilibri, e l’inventiva di Pedro, sette gol e quattro assist. L’uruguaiano si è fermato il 24 novembre. Ha saltato anche il Parma e l’Inter.
Il derby non cancella il percorso svolto. È costato le squalifiche di Gila, Zaccagni e Castellanos, assenti venerdì con il Como all’Olimpico. Servono risposte: prima Fabregas, poi Verona, Fiorentina, Cagliari e Monza. C’è una partita parallela, però, che devono condurre Lotito e Fabiani sul mercato. La Lazio sta lottando per una qualificazione in Champions che garantisce prestigio e ricavi. Un traguardo da cinquanta milioni. Ambizioni e prospettive non dipenderanno solo dalle intuizioni di Baroni, ma dagli investimenti. Come provava a spiegare anche Sarri.