Lazio, quei segni particolari

Leggi il commento sulla nuova politica aziendale e sulla crescita del club biancoceleste
Lazio, quei segni particolari© BARTOLETTI
Stefano Chioffi
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Il coraggio di cambiare e la capacità di scegliere. In totale autonomia e senza compromessi. La Lazio è ripartita da una nuova politica aziendale e ora comincia a maturare un’idea: quella di essere riuscita, nell’arco di un’estate, a indovinare tutto, da Baroni agli acquisti. Aveva immaginato una ricostruzione su base triennale, ma dopo cinque mesi il cammino non contiene risposte interlocutorie. In Europa League è prima e in campionato lotta per un posto in Champions. Il segno particolare è la bellezza del suo gioco. Non c’è casualità nella crescita e nei risultati di questa squadra. In campo fa emergere una consapevolezza che si declina in tanti modi: negli atteggiamenti, nella lettura delle situazioni, nello sviluppo degli schemi, nei gesti, nelle reazioni, nell’originalità di un calcio difficile da arginare. Ha imparato a sentirsi padrona del suo destino, senza scivolare mai nella presunzione.

Il segreto non è in un modulo, non va ricercato nel 4-2-3-1 e nel 4-3-3. La differenza nasce dalla velocità di pensiero e di manovra, dalla corsa e dalla resistenza atletica, da un’interpretazione universale dei ruoli. La Lazio non prova a gestire i momenti di una partita, ha l’ambizione di dominare l’evento, di togliere tempo e razionalità ai suoi avversari. Giovedì sera ha demolito l’Ajax, giocando nello stadio di Cruijff come nel giardino di casa sua. Sta acquisendo una conoscenza profonda delle proprie potenzialità, senza fissare un obiettivo: individuarlo sarebbe come accettare un limite. Quindici vittorie tra Europa League e campionato. Quarantasette punti conquistati in ventuno gare. E poi la qualificazione ai quarti di Coppa Italia, eliminando il Napoli. Una media di 2,13 gol ogni novanta minuti. La Lazio aspetta stasera l’Inter per difendere questa sua dimensione. All’Olimpico non ha mai perso: nove successi e due pareggi con Milan e Ludogorets. Si è guadagnata una credibilità. Non vuole restare un’emozione, una somma di partite spettacolari e divertenti, un piccolo capitolo di una stagione. Baroni le ha insegnato a esplorare se stessa e i suoi margini di progresso, a cercare nuove risposte, a ridisegnare gerarchie e pronostici, a dare un senso compiuto a ogni appuntamento, a non considerare la brillante partenza come una zona di comfort. La Lazio si sta facendo ammirare per la spontaneità del suo calcio. Rapido, elegante, ordinato, ricco di combinazioni. C’è sempre un’applicazione collettiva in fase di non possesso. Baroni ha dimostrato che il vero motore è il senso del dovere. Linguaggio efficace e diretto. Ha chiesto maturità e dedizione, unendo le aspirazioni di ciascuno. Rovella è tornato in Nazionale, Guendouzi è stato promosso titolare dal ct Deschamps, Tavares è diventato il migliore terzino sinistro del campionato, Zaccagni ha un repertorio infinito, Castellanos ha ricevuto la convocazione nell’Argentina, Gila è il leader della difesa. Isaksen, Noslin, Dele-Bashiru e Tchaouna possono moltiplicare il patrimonio del club. Pedro è un artista con l’entusiasmo di un niño della cantera.

L’anno scorso, in questo periodo, si parlava spesso di cilindrata mentale. Il gruppo soffriva il pensiero di giocare ogni tre giorni. Ora non è più un argomento. Faticava a segnare, anche il gol era un problema: la Lazio ne ha già realizzati quarantasette in ventidue match e ha tirato 115 volte in porta tra Europa e serie A. Non sembrano passati solo pochi mesi dalle dimissioni di Sarri, dallo strappo con Tudor e da quelle cene che la squadra organizzava a Formello per risolvere gli equivoci e ritrovare la strada giusta.


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