Massimo Maestrelli gli ha mandato un messaggio pieno di affetto e stima. Sarebbe orgoglioso di vedere Marco Baroni in panchina con la storica giacca del suo papà, quella indossata il 12 maggio 1974, la domenica del primo scudetto. L’idea è suggestiva, un desiderio che ha acceso subito la fantasia dei tifosi laziali. È pronto ad aprire l’armadio e a condividere un ricordo sacro per la sua famiglia. Si vedranno a cena. Un premio che il tecnico non si sente di meritare, almeno per il momento. Maestrelli è come Matt Busby per il Manchester United e Bill Shankly per il Liverpool. Un mito che ha il potere di unire passato, presente e futuro. Baroni l’ha definito “un personaggio stratosferico”. Ecco perché la partita di oggi a Parma, nei ragionamenti del tecnico e dei giocatori, assume un significato ancora più profondo. Domani ricorrono quarantotto anni dalla scomparsa di Tommaso. La Lazio vuole dedicargli la sesta vittoria consecutiva in campionato. A Formello è bastata una riunione, tra il tecnico e la squadra, per cancellare l’amarezza legata al pareggio di giovedì con il Ludogorets e al clamoroso rigore negato a Isaksen dall’arbitro croato Strukan, che ha sbagliato due volte: in campo e davanti al monitor, dopo la segnalazione del Var.
Da Guendouzi a Rovella, il pensiero è lo stesso: al Tardini bisogna ripartire con il solito spirito da marines. In questi cinque mesi la Lazio si è creata un patrimonio di certezze. Ha undici punti in più rispetto al 2023. Non partiva così forte dal 2017. Tra serie A ed Europa League ha disputato diciotto gare: ne ha vinte tredici e perse tre. Ha realizzato trentanove gol e ne ha subiti sedici. Non ha segnato solo alla Juve, quando giocò in dieci per un’ora, e ai bulgari del Ludogorets. La difesa è imbattuta da 294 minuti. L’appuntamento a Parma è un esame: Pecchia ha fermato il Milan e ha pareggiato con la Juve, la classifica non rispecchia il valore di un gruppo che ha un’età media di 24,8 anni. Maestrelli junior ha la dolcezza di suo padre. È un ambasciatore della Lazio: si può rappresentare un club anche senza rivestire un ruolo ufficiale in un organigramma. Il riferimento all’allenatore-monumento è una gratificazione per Baroni.
Sono uniti dalla Toscana. Tommaso era di Pisa, Marco è nato a Firenze. Hanno giocato nella Roma e guidato la Reggina prima di arrivare alla Lazio. Quando i biancocelesti conquistarono lo scudetto con i ventiquattro gol di Chinaglia, Baroni aveva undici anni, frequentava la prima media e faceva parte del settore giovanile della Fiorentina. Chi entra a Formello impara a memoria la vita di Maestrelli. È trascorso quasi mezzo secolo dal 2 dicembre 1976: un amore eterno. Pochi giorni prima che venisse a mancare, aveva seguito il derby per radio, dalla sua casa al Fleming: la Lazio vinse 1-0 con un’invenzione di Giordano e una serie di parate di Pulici. D’Amico indossava la maglia numero 10, il capitano era Wilson, guidava la difesa vicino a Manfredonia. Martini e Garlaschelli completavano la vecchia guardia. A centrocampo giocavano Cordova, Agostinelli e Badiani. In panchina c’era Luis Vinicio: proprio Maestrelli aveva consigliato al presidente Lenzini di puntare sul brasiliano. Quella squadra arrivò quinta in campionato e si qualificò per la Coppa Uefa.