Lazio, i meriti di Baroni

Leggi il commento sull'allenatore biancoceleste, reduce dal successo contro il Genoa
Stefano Chioffi
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Le finte, il tunnel a Sabelli, il colpo da biliardo: Noslin, dopo il gol al Genoa, si è inginocchiato e ha pregato. Zaccagni ha la febbre? Ci pensa l’olandese, scoperto dall’ex interista Sneijder e titolare in campionato a distanza di un mese. Il fiocco rosso sul 3-0 lo mettono due ammiragli come Pedro, quattro reti nelle ultime cinque partite, e Vecino, che saluta la curva Nord disegnando un cuore con le mani. Lo spagnolo e l’uruguaiano entrano al 62’ e depositano in banca l’ottava vittoria in dodici gare tra serie A e coppa. Spettacolo e divertimento. Nuno Tavares è una nave da crociera: sesto assist. Questa Lazio vale sempre il prezzo del biglietto e dell’abbonamento. Ha saputo sviluppare una mentalità di gruppo. A Baroni vanno riconosciuti diversi meriti, ma uno in particolare: tutti hanno imparato a guardare nella stessa direzione. Si è creata un’armonia che non dipende solo dagli schemi, dai meccanismi di gioco, dai sedici punti in campionato e dal primo posto in Europa League. Prevale un principio: ogni appuntamento si costruisce insieme. C’è una condivisione totale, nessuno si sente una riserva. Baroni sta facendo la differenza nella gestione degli uomini e delle situazioni, senza cercare la vetrina e considerare questa brillante partenza come una rivincita professionale. Non ha conti da regolare con il passato, ma ha dovuto scalare le montagne e aspettare tanto tempo per ricevere un’occasione di un certo tipo. Il suo calcio è una ricerca di emozioni, piace anche a due personaggi che occupano un posto d’onore nella grande famiglia dei laziali: Massimo Maestrelli, stesso stile di papà Tommaso, ed Eugenio Fascetti, l’allenatore che ha firmato l’impresa del -9 e costruito una base per il rilancio di questo club. 

Lazio, quanto incide Baroni 

Baroni riesce a trasformare le complessità in normalità. Incide più dei computer, dei tablet e degli algoritmi. Ha saputo trasferire alla Lazio una qualità che l’ambiente del pallone sta smarrendo: il gusto di giocare senza l’assillo che uno schema sia un esercizio di algebra. Dietro la stabilità e l’efficienza di questa squadra c’è la capacità di svolgere i compiti in modo semplice. Sei successi nelle ultime sette partite. Ventisei gol realizzati dall’inizio della stagione. Secondo clean sheet di fila. In campionato ha prodotto 96 occasioni, 147 cross, 120 tiri, 47 nello specchio. Corsa, intensità, resistenza: un ruolo prezioso lo sta ricoprendo anche il preparatore atletico Andrea Petruolo, che lavora con Baroni dal 2016. Trentotto anni, nato a Varese, origini campane (il padre è di Marcianise), laureato in Scienze Motorie e in Scienza dello Sport. Ha iniziato negli Allievi della Pro Patria, poi è stato alla Solbiatese, al Gozzano, alla Caratese, ha vissuto un’esperienza in Svizzera nel Team Ticino. 

Qui e ora 

Elasticità e sostanza: ieri Baroni è passato nel secondo tempo dal 4-2-3-1 al 4-3-3. In estate non aveva chiesto pazienza. Mai parlato di esperimenti. Ha negato ogni alibi a se stesso e a una Lazio che a luglio aveva salutato Immobile, Luis Alberto e Felipe Anderson. Messaggio potente e impegnativo: si può continuare a essere protagonisti anche senza i vecchi big. Non ha stressato i giocatori, li ha isolati da un ambiente che manifestava freddezza e preoccupazione. Si è presentato in ritiro con un’idea fissa: tracciare un perimetro tra il campo e il mercato. Non ha preteso un peso specifico nella scelta degli acquisti, aspettava da una vita un’opportunità così prestigiosa. Si è fidato di Lotito e Fabiani. In Cadore ha ragionato solo da allenatore, inseguendo una priorità: capire in fretta le caratteristiche e le attitudini del gruppo. Aveva un obiettivo: trovare il sistema e la chimica giusta per valorizzare tutta la Lazio, senza lasciare qualcuno indietro. Qui e ora, proprio come lo slogan di Julio Velasco


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