Maestro, la rivoluzione culturale di Maestrelli

Nel docufilm si ripercorre il parallelismo tra il condottiero della Lazio ed il mitico Rinus Michels, un racconto scandito dai vividi ricordi del figlio Massimo
2 min

"Maestro, il calcio a colori di Tommaso Maestrelli". Già dal titolo, il docufilm vuole evidenziare il passaggio epocale, dal calcio in bianco e nero dei moduli tradizionali a quello a colori del calcio totale, messo in atto da Maestrelli nel nostro Paese. Così come seppe fare soltanto Rinus Michels, avendo però a disposizione interpreti di caratura superiore, con l’Ajax, il Barcellona e l’indimenticabile Clockwork Orange, la Nazionale olandese dei Mondiali del 1974. Lui e Maestrelli sono stati i due alfieri di questo modo nuovo di intendere il gioco del calcio. Ma anche di una nuova visione del mondo perché la loro, con le dovute differenze, è stata una rivoluzione culturale prima ancora che sportiva.

Massimo, in nome del padre

Il docufilm è anche un viaggio fisico in compagnia del figlio Massimo, l’unico rimasto dei quattro fratelli Maestrelli. Massimo, che ricorda ancora con chiarezza tutto ciò che visse col padre, ha la capacità di narrare con precisione e fascino evocativo anche le cose accadute prima che lui nascesse. La sua presenza consentirà di raccontare in prima persona quel calcio epico e romantico. Un calcio che non esiste più ma che le nuove generazioni sentono il bisogno di approfondire per ritrovare quei sentimenti autentici e quella passione che il calcio moderno non riesce più ad offrirgli. Ne viene fuori un racconto dinamico e non convenzionale nel quale i vari testimoni, interagendo direttamente con Massimo Maestrelli, permettono ai registi Francesco Cordio e Alberto Manni sia di fissare una memoria familiare che di raccontare il calcio e la società di quegli anni. Riponendo tuttavia l’attenzione maggiore sul Tommaso allenatore e l’evoluzione del suo calcio.


© RIPRODUZIONE RISERVATA