Si può essere rampanti anche a 61 anni. Basta desiderarlo con forza. Marco Baroni ne è la conferma: insegue finalmente il successo senza nascondersi, evitando le ipocrisie di facciata, le frasi protettive. Ha la consapevolezza dell’attimo, dell’opportunità da cogliere, ed è un piacere ascoltare parole come quelle pronunciate prima della partita con un’eleganza e un pudore che scaldano il cuore: «Questa è la squadra più importante che ho allenato». E questo 3-0 è l’esordio europeo che ha sempre sognato per le dimensioni del risultato e per il gioco mostrato. La Dinamo Kiev non era uno scherzo e anche la Lazio non lo è. Resta un’interessantissima scommessa perché è troppo presto per capire quale sia il suo effettivo valore e a cosa possa realmente ambire. Tuttavia, per quel che si è visto finora, è espressione di qualcosa di buono, di molto buono: la semplicità e la disciplina, che sono ricchezze, di chi la guida soltanto da pochi mesi.
Voglio dire che è già una squadra di Baroni perché gioca un calcio rispettoso delle caratteristiche individuali. Non vedo fumo, ma concretezza, efficacia, piacevolezza. Baroni ha stravinto in trasferta contro un’avversaria di rango superiore. L’attenzione con cui i suoi hanno rispettato linee e movimenti, soprattutto nel primo tempo, è stata sorprendente, a tratti addirittura esaltante. Dia è tornato nel suo appartamento, ovvero al centro dell’attacco: Baroni è solito ripetere le cose che funzionano e fino a quel momento Dia aveva fatto bene alle spalle di Castellanos, meno quando davanti a sé ha avuto Noslin. Stavolta i collegamenti sulla trequarti li hanno assicurati Dele-Bashiru e Pedro, ma anche Tchaouna non si è fatto mancare con tagli che hanno spiazzato i difensori ucraini.
Del recupero al calcio di Dia posso dire tutto il bene possibile: il ragazzo ha qualità, il primo a parlarmene fu Giovanni Sartori che l’avrebbe voluto al Bologna, fu la Salernitana di De Sanctis a portarglielo via. Dopo un anno di frizioni con Iervolino, è arrivata l’occasione giusta. PS. Tra gli aspetti più confortanti della prova di Amburgo segnalo la presenza in panchina, almeno dall’inizio, di Guendouzi, Zaccagni, Castellanos, Nuno Tavares, Noslin, Gila e Isaksen. Adesso le soluzioni sembrano non mancare affatto.