Luis Alberto, lettera ai tifosi: "Sarei rimasto a vita alla Lazio"

Il centrocampista spagnolo, oggi all'Al-Duhail, spiega l'addio ai biancocelesti: "Ditemi chi è uscito bene dal club.."
Luis Alberto, lettera ai tifosi: "Sarei rimasto a vita alla Lazio"© LAPRESSE

"Non sarei mai andato via dalla Lazio. Sarei rimasto a vita". Inizia così una lunga lettera firmata da Luis Alberto e pubblicata da Cronache di Spogliatoio. Il centrocampista spagnolo, che oggi gioca in Qatar, con l' Al-Duhail, ricorda la sua avventura alla Lazio e i motivi che lo hanno spinto lontano dalla capitale. "Perché sono andato via? Ditemi uno che è uscito bene dalla Lazio. Fanno così: guardate ora proprio Cataldi… era lì fin da piccolo. È un peccato perché poi vedi altre squadre che si comportano diversamente: almeno ti fanno fare un saluto o una conferenza stampa. Radu, ma anche con Lulic e Milinkovic-Savic, a nessuno di loro è stato concesso. Tutti escono male perché non parlano in faccia, è un peccato.

Luis Alberto e la lettera ai tifosi

Luis Alberto è molto critico con i dirigenti del club. "La Lazio è una società speciale, però non per le persone che ci sono dentro, ma per quello che c’è fuori, che è una roba pazzesca. Ho tanti amici tifosi, quando parli con loro è tutto. C’è gente che lo mette davanti alla famiglia. Noi eravamo felici dentro perché c’erano Inzaghi e Tare. Con Igli ho litigato mille volte, ma sapevamo che eravamo due persone giuste e trovavamo la ragione. Dopo quel periodo è finito tutto. Quella è stata la differenza, anche quando è andato via Sarri, era finito il ciclo. Avevo appena rinnovato, per me l’idea era restare a vita. Non mi andava però di rimanere in un posto in cui non vedevo niente di pulito. Non sono mai stato zitto. Era il momento di andarmene e stare più tranquillo calcisticamente. Quando sono andato via dalla Lazio, ho detto che non sarei andato in un’altra squadra italiana. Non volevo".


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Luis Alberto e il rapporto con Inzaghi 

Luis Alberto elogia Simone Inzaghi, il tecnico con il quale si è imposto alla Lazio: "Per noi non era soltanto un allenatore, era come un padre calcistico. Con lui anche chi non giocava era contento. Fa la differenza sotto l’aspetto umano. Vi racconto questa. Inzaghi era alla Lazio da 21 anni. Quando non vincevamo una partita, la mattina successiva era distrutto. Lo vedevi, il calciatore ne rimaneva colpito. Dentro di te, dicevi: «La prossima partita dobbiamo vincere per lui». Ti dava tutto e con lui, facevamo ciò che volevamo: «Mister, per favore, possiamo cambiare orario di allenamento che domani abbiamo una cena?», oppure «Mister, domani devo portare mio figlio in un posto, posso arrivare leggermente dopo?». Lui è stato giocatore e ha figli, ti rispondeva: «Nessun problema, vai. Il calcio è una cosa, la vita un’altra». E alla fine quello ti rimane dentro. Perdeva sempre la voce dopo la partita! La mattina dopo, in allenamento, praticamente non lo sentivi. Cataldi era il più bravo a imitarlo, veramente identico, lo fa perfetto". 

Luis Alberto e lo scudetto perso per il Covid

Lo spagnolo chiude con un rimpianto: "Chissà se nel 2020 avremmo potuto vincere lo Scudetto. Eravamo lì. Poi è arrivato il Covid, è arrivato il lockdown. Senza, ce la saremmo giocata fino all’ultima giornata. Eravamo lì per vincere, sicuramente. Perché non so cosa sia successo. Appena il campionato è ripreso, abbiamo perso Leiva e Cataldi per infortunio, ma anche Marusic e Patric. Siamo rimasti in pochi, dopo due mesi fermi, e il nostro ritmo non era più lo stesso. Fino a febbraio, le partite in casa le vincevamo al 20’. Eravamo in testa con la Juventus, con 17 vittorie su 22 partite, e avevamo alzato la Supercoppa Italiana. Era normale che ne parlassimo in spogliatoio. Siamo arrivati ad affrontare il Milan senza Ciro e Caicedo. Nella prima partita dopo il lockdown, vincevamo 0-2 contro l’Atalanta. Abbiamo fallito lo 0-3 e alla fine abbiamo perso 3-2. Ne abbiamo parlato tante volte nello spogliatoio. E anche dopo, di come sarebbe potuta andare. Alla fine siamo arrivati in Champions League, che era importante per i tifosi e la società.


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"Non sarei mai andato via dalla Lazio. Sarei rimasto a vita". Inizia così una lunga lettera firmata da Luis Alberto e pubblicata da Cronache di Spogliatoio. Il centrocampista spagnolo, che oggi gioca in Qatar, con l' Al-Duhail, ricorda la sua avventura alla Lazio e i motivi che lo hanno spinto lontano dalla capitale. "Perché sono andato via? Ditemi uno che è uscito bene dalla Lazio. Fanno così: guardate ora proprio Cataldi… era lì fin da piccolo. È un peccato perché poi vedi altre squadre che si comportano diversamente: almeno ti fanno fare un saluto o una conferenza stampa. Radu, ma anche con Lulic e Milinkovic-Savic, a nessuno di loro è stato concesso. Tutti escono male perché non parlano in faccia, è un peccato.

Luis Alberto e la lettera ai tifosi

Luis Alberto è molto critico con i dirigenti del club. "La Lazio è una società speciale, però non per le persone che ci sono dentro, ma per quello che c’è fuori, che è una roba pazzesca. Ho tanti amici tifosi, quando parli con loro è tutto. C’è gente che lo mette davanti alla famiglia. Noi eravamo felici dentro perché c’erano Inzaghi e Tare. Con Igli ho litigato mille volte, ma sapevamo che eravamo due persone giuste e trovavamo la ragione. Dopo quel periodo è finito tutto. Quella è stata la differenza, anche quando è andato via Sarri, era finito il ciclo. Avevo appena rinnovato, per me l’idea era restare a vita. Non mi andava però di rimanere in un posto in cui non vedevo niente di pulito. Non sono mai stato zitto. Era il momento di andarmene e stare più tranquillo calcisticamente. Quando sono andato via dalla Lazio, ho detto che non sarei andato in un’altra squadra italiana. Non volevo".


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