Lazio, promesse e silenzi

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Lazio, promesse e silenzi© Marco Rosi / Fotonotizia
Stefano Chioffi
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Difficile mascherare le incongruenze di un mercato incompleto, ma anche con i suoi difetti la Lazio sta dimostrando unione e mentalità. Recuperare una sintonia interna era il primo traguardo, dopo un anno di contrasti. L’autostima e l’entusiasmo sono il lato positivo di una squadra che ha conquistato quattro punti in tre giornate e deve convivere con problemi strutturali. L’impegno era quello di ricostruire una Lazio ambiziosa, però l’estate ha lasciato diverse risposte in sospeso. Mancano una mezzala e un regista. Esigenze trascurate: eredità di un budget limitato e distribuito in modo discutibile, preferendo altre strade. Sono stati investiti quasi diciannove milioni, bonus compresi, per Noslin, scelto per fare il centravanti, ruolo coperto da Castellanos e Dia. Il ds Fabiani lo aveva presentato a Formello spiegando che la trattativa con il Verona era stata chiusa alla fine di giugno per anticipare la concorrenza. L’olandese era una priorità, mentre ora è un jolly: la sua prospettiva è di alternarsi con l’argentino e il senegalese, oppure di giocarsi il posto di esterno destro con Isaksen e Tchaouna, considerando a sinistra il peso specifico di Zaccagni. È stato l’acquisto più oneroso, tra obiettivi sfiorati e paradossi. Lotito aveva garantito l’8 luglio l’ingresso di un giocatore “dieci volte più forte” di Greenwood. Risultato? L’inglese ha segnato cinque gol in tre partite con l’Olympique Marsiglia, mentre il talento promesso dal presidente non è mai arrivato. Stavolta senza il rimpianto legato a un fax guasto, a una mail sbagliata e al fuso orario.

La cessione di Cataldi rappresenta un altro mistero. Una rinuncia che avrebbe avuto una logica se il mediano fosse stato sostituito per tentare di migliorare la qualità globale di questo gruppo. Invece la sua partenza ha prodotto solo un taglio ancora più sostanzioso del monte ingaggi, già asciugato dopo i divorzi con Immobile (sette gol in sei partite nel Besiktas), Luis Alberto, Felipe Anderson e Kamada. Baroni si aspettava un regista. Ma è rimasto, alla fine della giostra, con un centrocampo povero di soluzioni: Guendouzi, Rovella (fermato l’anno scorso dalla pubalgia), Vecino, Dele-Bashiru (da verificare a certi livelli) e Castrovilli, che è stato tagliato per l’Europa League e proviene da due anni tormentati. Dal 16 aprile del 2022, a causa dell’infortunio al ginocchio sinistro, l’ex trequartista della Fiorentina ha giocato solo 1.089 minuti in serie A.

Baroni è stato costretto a ridisegnare la Lazio: dall’idea del 4-3-3 e del 4-2-3-1 al 4-4-2. Un sistema che gli consente di coprire l’assenza di una mezzala brillante e di un play con determinate caratteristiche. È nata così questa formula che appartiene alla scuola di Sacchi. Dia aiuta Castellanos e ha il compito di cucire il gioco. Le ali devono garantire la superiorità numerica e lavorare in fase di copertura. Fondamentali le discese di Nuno Tavares, che si era imposto nel Benfica e aveva raccolto applausi nell’Olympique Marsiglia: un affare, quello chiuso da Fabiani, in rapporto al prezzo (cinque milioni) concordato con l’Arsenal e alle potenzialità. Scatto, intensità, cross, i due assist nel match contro il Milan, un’intesa immediata con Zaccagni: il portoghese è il mancino che mancava dai tempi di Kolarov. Ora la Lazio aspetta il rientro di Gila. Così come spera di rivedere ai suoi livelli anche Provedel, incerto con il Milan. Il mese di settembre aiuterà a decifrare il motore della squadra: il Verona in casa, le trasferte con Fiorentina, Dinamo Kiev e Torino. Baroni penserà agli incroci del calendario tra il campionato e l’Europa League, mentre Lotito sarà impegnato in un’altra missione: trovare uno sponsor che incrementi il fatturato e la forza economica della società.


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