Le due sconfitte iniziali stanno generando danni più gravi di quanto si poteva immaginare. La partenza falsa ha prodotto una classifica misera, la classifica a bagnomaria fra le parti sinistra e destra ha prodotto insicurezza, l’insicurezza ha prodotto paura. «Il coraggio non mi manca, è la paura che mi frega», diceva il grande Totò vestito da torero. Pur impegnati negli stadi di calcio e non nell’arena con i tori, la paura che condiziona la quasi totalità dei giocatori laziali appare abbastanza evidente. Paura di non aderire alle direttive dall’allenatore, paura - conseguentemente - di azzardare la giocata rischiosa. I ragazzi di Sarri si guardano continuamente alle spalle, non tanto per scorgere l’avversario, quanto per cercare il compagno al quale affidare comodamente la palla. Indietro o lateralmente. Un episodio emblematico nella partita di Madrid della scorsa settimana: punizione sulla trequarti spagnola, tre tocchi per riconsegnare la palla a Provedel. Sembra che nella testa dei laziali corra un pensiero: già, e se poi sbaglio? Meglio appoggiare alle mie spalle.
I numeri della Lazio
Nessuna squadra del nostro campionato prevale così tanto nella padronanza della palla concludendo così poco nella porta avversaria. Vale per tutte la partita di Verona (una delle migliori secondo l’allenatore): 71,1% del possesso e due tiri facilmente parati dal portiere, oltre al gol di Zaccagni, 613 passaggi contro 243. Io non sono un tecnico ma un semplice osservatore, forse perciò non capisco cos’abbia voluto dire Maurizio Sarri affermando «a Verona abbiamo fatto un indice di protezione che non avevo mai visto in nessuna squadra», capisco qualcosa di più del suo approccio al confronto con l’Atletico Madrid («manca la caratura mentale»), ma non condivido quel che capisco (o credo di capire) poiché un’osservazione del genere alla vigilia di una partita così importante non mi pare possa caricare a pallettoni la squadra. Però, amen. Una cosa sono le parole, un’altra i numeri statistici. Verba volant, numeri manent direbbe Lotito. E i numeri non fanno che confortare l’impressione di un gruppo imbrigliato in canoni inalterabili, con il solo Provedel con licenza (senza esagerare) di verticalizzare.
La prova contro l'Inter
Certamente il toscanaccio già conosce questi rilievi statistici, ma in tutta modestia lo invito a riconsiderarli alla luce di altri numeri poco edificanti: una partita vinta delle ultime sei, sette sconfitte nelle prime 16 giornate. Peggio fece solo Pioli nell’anno del suo esonero e del conseguente avvento di Inzaghi. L’accostamento di Castellanos a Immobile nel finale di Lazio-Inter potrebbe rivelare l’inizio di una piccola apertura a nuove soluzioni, più gradite ai suoi giocatori, in vista delle sfide con Empoli, Frosinone e Udinese, avversari con i quali (stavolta) non può pensare che «il confronto non regge» (vedi conferenza stampa della vigilia di Madrid). Proprio mentre il suo dirimpettaio Diego Simeone dichiarava: «I giocatori che abbiamo mi spingono a giocare in questa maniera». Orrore.