Lazio, quel messaggio di Maurizio Sarri

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Lazio, quel messaggio di Maurizio Sarri© LAPRESSE
Franco Recanatesi
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Quando alla vigilia del campionato venne a sapere che Matias Vecino sarebbe partito per Istanbul, Maurizio Sarri ebbe un sussulto. Prese il telefono, chiamò l’uruguagio e gli disse «Matias, rimani, mi serve il tuo calcio come il pane». Vecino si era immaginato panchinaro con l’arrivo di Guendouzi e Kamada, depresso, e poi i turchi avrebbero pagato bene. Ma a Sarri, al maestro dai tempi di Empoli, come dire di no? E oggi Vecino, trentaduenne di Canelones, colui che con la maglia dell’Inter gelò l’Olimpico strappando alla Lazio il pass per la Champions, è l’uomo del riscatto, il salvatore della patria, il braccio che ha salvato la Lazio dal rotolare nel burrone. Grazie a due suoi gol, invece, nel giro di cinque giorni la Lazio ha ritrovato se stessa e due vittorie consecutive, che nella presente stagione sono una primizia. I primi quindici minuti della partita con l’Atalanta sono stati il seguito del finale furibondo di Glasgow: grinta, ritmo, sostanza, voglia disperata di fare il risultato. Il 2-0 al quarto d’ora andava persino stretto alla scintillante squadra di Sarri, scippata del terzo gol prima da una paratona di Musso e poi da una traversa di Guendouzi. Un lieve rilassamento ha consentito all’Atalanta di accorciare e instillare nella Lazio il solito patema delle fasi a rischio.

La carica di Isaksen e Vecino

Il pareggio è apparso quasi scontato agli spettatori della prima fase della ripresa, gli assaltatori di Gasperini con la bava alla bocca, i biancoazzurri con la tremarella. Poi, i cambi hanno di nuovo ribaltato i valori. Se non tecnici, certamente mentali (un termine che piace molto a Sarri). Il gol di Kolasinac è stato come una frustata che ha scosso l’Olimpico, in campo e sulle tribune, solidali più che infuriate. I cambi hanno rigenerato una squadra un po’ spenta e confusa, come era accaduto a Glasgow Isaksen e Vecino hanno suonato la carica, mentre i ragazzi di Bergamo sembravano appagati dal pareggio. La differenza l’hanno fatta proprio i cambi, quelli laziali i migliori dell’ultimo quarto d’ora, ai due già citati unisco un Pedro elettrico che ha recuperato la forma e il sempre pulito Cataldi. Non che Zaccagni e Rovella avessero fatto cilecca, tutt’altro. Gasperini ha invece gettato nella mischia giocatori non so se meno motivati o meno pronti. Muriel e Lookman hanno poco spaventato i difensori della Lazio. Ma può capitare quando devi giostrare la rosa nel corso di una stagione senza respiro. Questa era la settima partita delle due squadre in 22 giorni, la Lazio è partita con cinque giocatori diversi rispetto alla partita di Champions di cinque giorni fa, l’Atalanta stranamente solo due, dico stranamente perché ha avuto 24 ore di riposo in meno rispetto alla Lazio.

Si è rivista la Lazio sarriana

Questi due particolari hanno avuto il loro peso nel diverso comportamento delle due squadre nel finale di partita. La Lazio ha meritato la vittoria per averla cercata di più anche dopo il rincrescimento del recupero atalantino. L’anno scorso questa partita l’avrebbero persa poichè, nonostante i lamenti di Sarri, non aveva una panchina qualitativamente così nutrita. Anche stavolta, come in Scozia, l’azione del gol è partita da Isaksen, è passata dalla deviazione di Castellanos ed è finita in rete con la zampata di Vecino. Stessi interpreti, stessa conclusione, anche se stavolta lo spagnolo faceva parte degli undici iniziali. Un gol, una traversa, l’assist vincente: il vice-Immobile si è finalmente presentato con un abito elegante. Con la seconda vittoria all’Olimpico, la Lazio ha cominciato la scalata alla parte sinistra della classifica: obbiettivo modesto rispetto alle ambizioni dichiarate, ma per il momento essenziale. A tratti si è rivista la Lazio sarriana, due tocchi e via, gli esterni a pendolo fra difesa e attacco, lanci lunghi anziché mille palle all’indietro. La settimana di riposo dovrebbe aggiungere il resto. L’ Atalanta dalla difesa di ferro è stavolta crollata proprio nel reparto arretrato. E la scarsa vena di Scamacca (attenzione Spalletti) e il tardo innesto di Muriel e Lookman hanno reso innocuo l’attacco, ancora una volta sostituito nei gol da un centrocampista e un difensore.


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