Lazio, Klose esclusivo: "Non capisco la scelta di Milinkovic"

Intervista al campione tedesco, che promette ai tifosi: "Tornerò per allenare il club biancoceleste"
Lazio, Klose esclusivo: "Non capisco la scelta di Milinkovic"© LAPRESSE
Marco Ercole
8 min

Solito sguardo di ghiaccio e fisico tirato come quando indossava gli scarpini. Per Miro Klose il tempo sembra non essere mai passato. Eppure sono trascorsi 8 anni da quando ha dato l'addio al calcio salutando la Lazio, per iniziare una nuova avventura in panchina. Il patentino lo ha ottenuto poco più di due anni fa, ora è in attesa di un progetto che lo convinca e nel frattempo ha accettato la proposta di Amazon Prime Video, pronto per cimentarsi nel ruolo di opinionista televisivo: «È una cosa nuova per me. Una volta terminate le vacanze continuerò a leggere notizie di calciomercato e informarmi più possibile per essere preparato al massimo. Ho appena firmato il contratto per lavorare con la piattaforma in Italia e Germania per questa stagione, poi vedremo. Di sicuro il mio desiderio è quello di fare l'allenatore. Al momento non ho una squadra, così ho deciso di provare questa nuova esperienza che mi terrà vicino al campo e mi permetterà di imparare qualcosa di nuovo».

Cosa le piace di più del ruolo dell'allenatore?

«Il percorso che sto seguendo mi affascina. Ho trascorso cinque anni in Germania tra teoria e pratica per ottenere tutte le licenze. Mi piace tanto allenare, dentro di me sento il desiderio di trasmettere qualcosa ad altri giocatori e aiutarli a raggiungere i loro obiettivi».

Che tipo di allenatore è Klose? Si ispira a qualcuno?

«Da ogni allenatore cerchi di prendere ciò che senti più vicino al tuo essere, alla tua idea di gioco. Per fare un esempio, non puoi guardare Pioli e fare tutto come lui. Non sarebbe giusto e non è quello che sento. Sarei finto se mi limitassi a essere la copia di qualcun altro, anche perché poi devo essere io a pormi davanti a una squadra e non risulterei vero ai loro occhi».

Su quale panchina si vedrebbe bene?

«Seguo molto il campionato tedesco, anche la seconda divisione. Ma devo ammettere che continuo a guardare con attenzione la Serie A, a cui sono rimasto legato. A oggi mi vedrei bene nelle squadre dove ho giocato, quindi il Kaiserslautern in Germania e la Lazio in Italia».

Se potesse scegliere un centravanti ideale per la sua squadra, invece, chi sarebbe?

«Lewandowski. Io ero abbastanza completo, avevo il colpo di testa, la velocità. Ma lui lo è ancora di più. Ha più fisico di me, destro, sinistro, testa, senso della posizione dentro l’area di rigore. Lui è veramente bravissimo, offre un pacchetto completo».

Un altro niente male è Mbappé, distante solo 4 lunghezze dal suo record di reti ai Mondiali (16 a 12). Ci ha pensato?

«Ne ho parlato con i miei figli mentre guardavamo le partite dell'ultima Coppa del Mondo. Nella prossima forse mi supererà. È così, è la vita. Adesso poi il Mondiale ha anche più squadre, si giocano più partite. Un giorno ci saranno tanti davanti a me».

Di Immobile invece cosa ne pensa, l'ultima stagione è stata difficile per lui.

«Penso che quest’anno andrà meglio. Il gioco della Lazio è un po’ cambiato, strutturato su passaggi corti, rapidi e sulla costruzione del basso. E poi, sia che le azioni nascano a destra, sia a sinistra, tutto avviene sempre con la giusta velocità e con i giocatori perfetti per servirlo».

Ciro a parte, come si spiega questa penuria di attaccanti italiani?

«In Germania è lo stesso. È cambiato il ruolo. Per un periodo si è giocato con il "falso nove" e ora è più difficile. Da tempo dico che servono attaccanti completi, perché magari un giorno giochi contro una squadra che fa le barricate dietro e un altro con una che invece ti aggredisce. Ecco perché bisogna lavorare sui giovani per creare attaccanti che sappiano affrontare ogni genere di situazione».

L'Italia non si è qualificata per due edizioni consecutive dei Mondiali, mentre la Germania non supera il girone dal 2014. Cosa sta succedendo a queste due nazionali?

«Sono generazioni. Oggi se guardi i settori giovanili vedi che Francia e Inghilterra sono già forti, si è visto negli Europei Under 21. Difficile da spiegare, a volte è anche una questione di fortuna e non è detto che ci sia un vero e proprio responsabile».

Passando all'attualità, che ne pensa dell'esodo generale dei campioni verso l'Arabia Saudita o il Qatar?

«Del campionato arabo ho visto forse venti minuti di una partita, non saprei dire che livello di gioco ci sia. Però tanti giocatori stanno andando lì, anche dall’Italia. Io penso che se sei alla fine della tua carriera, come ad esempio Benzema o Cristiano Ronaldo, allora ci possa stare come scelta. Per quanto riguarda Milinkovic, invece, la vedo un po’ diversamente. Per me non ha l’età giusta per questo step. Lo avrei visto meglio in Inghilterra o in Spagna. Ma è la sua decisione e dobbiamo accettarla».

Con disponibilità economiche degli arabi praticamente illimitate, non si rischia una "concorrenza sleale" sul mercato?

«In Germania si dice la stessa cosa dell’Inghilterra o del Psg in Francia, cioè che hanno soldi da buttare. Sicuramente sarebbe più facile se ci fosse una regola uniforme. Ma nel calcio è difficile mettere d'accordo tutti».

Le sirene arabe hanno mai tentato Klose?

«No, ma alla fine della mia carriera potevo andare in Cina. Ho detto no perché avevo già 38 anni. Avevo già stabilito che se avessi finito con la Lazio avrei smesso. La mia famiglia voleva tornare in Germania».

A proposito del suo addio alla Lazio, lei ha detto una cosa, Tare un'altra. Quale è la verità?

«Non so perché abbia detto così. Io so cosa mi ha proposto e cosa mi ha detto, posso parlare solo di questo. Non mi è mai stata presentata un’offerta per continuare e quindi sono andato via. Se una società decide di non prolungare con un giocatore è normale, succede a tutti. Però basta dirlo. Io poi sotto questo punto di vista sono molto tedesco: ho una famiglia, ho dei figli, dobbiamo scegliere la scuola, pianificare. Non posso aspettare l’ultimo giorno per sapere il mio futuro. Non va bene se quando chiedi ti rispondono “ancora non sappiamo”. Basta un "sì" o un "no", senza troppi giri di parole. E questo non riguarda solo me, ma pure Lulic, Mauri o altri giocatori. La differenza è che io l'ho detto. Mi sento a posto con la coscienza, ho detto quello che ho sentito. Ma questo non cambia il mio legame con la Lazio, che un giorno spero di allenare».

Ha già avuto modo di parlarne con Lotito?

«Per il decennale della Coppa Italia del 2013 ci ho parlato, ma non di questo. Per come sono fatto, però, un mio obiettivo per il futuro è proprio quello di guidare la Lazio».

Che significato ha per lei quella Coppa Italia?

«Tantissimo. Pure adesso che siamo tornati all'Olimpico, nonostante siano trascorsi 10 anni, è stato bellissimo vedere lo stadio pieno e l’entusiasmo dei tifosi. Non c’è una parola giusta per descrivere quanto mi sia emozionato quel giorno, vedere i laziali di nuovo, essere così contento. Questo è quello che amo del calcio, queste emozioni. Come quelle subito dopo aver vinto la coppa, quando entrai nello spogliatoio e vidi massaggiatori, fisioterapisti in lacrime. In carriera ho vinto tanto, ma anche perso tanto. Quei momenti però sono indelebili nel mio cuore, perché ho visto la vera felicità in quegli occhi».

Un'ultima domanda: va sempre a letto alle 20.30?

«Ancora non sono mai tornato a casa all'alba (ride, ndr), ma sicuramente vado a dormire un po' più tardi adesso»


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